27 Nov Arteterapia e Counselling Espressivo nelle cure palliative
Introduzione
In un precedente articolo ho esposto gli aspetti che mi sembrano particolarmente significativi per l’applicazione dell’arteterapia con gli utenti delle cure palliative (2007). Ora presento due esperienze di formazione al counseling espressivo e all’arteterapia nelle cure palliative alle quali hanno partecipato le allieve della Formazione Triennale in Arteterapia clinica Vitt 3 di Lyceum a Milano.
Le cure palliative si sono sviluppate dagli anni ‘60 in numerosi paesi e successivamente anche in Italia per rispondere alle esigenze delle persone con gravi malattie in fase avanzata e per le quali la guarigione non è più realisticamente prevedibile dalla conoscenza medica. Di grande rilievo per questo è stato nel nostro paese l’impegno della Fondazione Floriani e la costituzione della Società Italiana per le Cure palliative.
L’esperienza della malattia grave a prognosi infausta e della fase terminale della vita ha implicazioni emozionali molto intense. La psichiatra Elizabeth Kubler Ross intervistando numerosi malati terminali ha descritto il processo emozionale sperimentato da questi pazienti: una iniziale negazione, poi la rabbia e la collera, il patteggiamento, la depressione e infine l’accettazione. Numerose esperienze hanno mostrato che in queste circostanze la possibilità di comunicare in modo non verbale con il disegno, la scrittura, la pittura, la modellazione plastica o altro facilita l’espressione, l’accettazione e la elaborazione dei significati personali. Nell’ultima decade del secolo scorso l’organizzazione di attività artistico espressive e di arteterapia al Day Center del St. Cristopher Hospice di Londra ha evidenziato, particolarmente con una ricerca di Cinthia Kennet, come si può favorire l’emergere dei sentimenti positivi in malati gravi e che “soddisfazione, eccitazione, competizione e sfida possono nascere dal lavoro (arte) terapeutico anche in persone vicine alla morte” (2000).
Nel seminario mi sono proposto di offrire alle allieve partecipanti conoscenze di base e apprendimenti esperienziali dell’arteterapia nelle Cure palliative, con integrazione di elementi di counseling espressivo e in particolare:
- a) L’esperienza della malattia grave e terminale: l’intensità delle emozioni e dei sentimenti provati, la soggettività dei malati e dei loro familiari, le loro difficoltà di espressione, comunicazione e relazione.
- b) L’arteterapia nelle Cure palliative. Esperienze nei diversi contesti socio sanitari. Elementi di counseling espressivo verbale a integrazione dell’attività arteterapeutica.
- c) Risultati di studi e ricerche nella letteratura.
- d) Elementi informativi di base riguardanti gli Hospice e le Unità di Cure palliative del S.s.n.
- e) Elementi di valutazione dell’attività arteterapeutica – anche nella cornice del “sistema qualità”.
Durante il seminario ho proposto una metodologia attiva e partecipativa con:
- Alternanza di esposizioni teoriche, esercitazioni pratiche e laboratori esperienziali.
- Laboratori di comunicazione verbale in piccoli gruppi di tre o quattro partecipanti.
- Condivisioni verbali nel gruppo allargato.
- Esperienze di lavoro arteterapeutico individuale, a coppie ed a gruppo allargato.
- Lavori di gruppo con stesura di relazioni di sintesi.
Dopo la presentazione iniziale ho esposto gli aspetti significativi cha a mio avviso ha l’interazione verbale dell’arteterapeuta con l’utente, considerando questa comunicazione come un processo di counseling nel contesto arteterapeutico. In arteterapia le trasformazioni dell’esperienza soggettiva avvengono “tramite” l’opera figurativa o plastica, ma l’esperienza interiore è il luogo dove il processo di simbolizzazione, anche attraverso le parole, scritte o parlate, si manifesta e dove è possibile “prenderne atto”, focalizzare e “vivere” consapevolmente il processo esperienziale.
Ritengo che questo corrisponda – o sia molto vicino – alla nozione di “esperienza attuale” (esperiencing) definita da E. Gendlin per specificare la dimensione soggettiva preconcettuale dalla quale emergono i significati, mentre il processo di trasformazione dell’esperienza sia simile al focusing definito dallo stesso Gendlin.
Attraverso il lavoro arteterapeutico è possibile “dare corpo e significato” alle emozioni per esprimerle, rimanendo nel fluire dell’esperienza o riattivando il fluire stesso quando esso si è interrotto.
Il compito di realizzare l’opera e di completarla è un obiettivo significativo del percorso arteterapeutico e per concludere l’opera l’utente è sollecitato a compiere diversi passaggi. Gli abbozzi, le prove, i cambiamenti e il “non finito” sono parte integrante del percorso.
Ho quindi proposto alle partecipanti di realizzare un lavoro arteterapeutico individuale. Il tema della malattia grave e della fine della vita era implicito considerando che avevano già effettuato due giornate seminariali precedenti con Emma Vitti su questo argomento. Ho chiesto di prestare attenzione ai cambiamenti che avrebbero avvertito “in corso d’opera”.
Al termine ci siamo ritrovati in gruppo e ho chiesto di condividere l’esperienza e le sensazioni provate durante l’esecuzione delle opere.
Queste sono le testimonianze che una di loro ha raccolto:
“Cambiavo stato d’animo, rappresentando le emozioni più forti”.
“Volevo fare una cosa serena… l’ho lasciata venire così com’era… sono arrivata ad un ribaltamento totale”.
“Volevo liberarmi di tutto questo… quando l’ho finito sono stata contenta di averlo fatto”.
“Sbattere contro le cose reali con la volontà di farlo”.
“Il senso di “troppo” che ti porta a staccarti dall’opera e desiderare di stare “nell’aria aperta”.
“È venuta forte l’immagine di una sensazione”.
“Una rabbia incontenibile” che può essere scaricata per mezzo del materiale e che viene più o meno espressa a seconda della superficie a disposizione.
“Aderire al gesto, sentire un attaccamento viscerale al proprio lavoro per poi staccarsene; sentire un grande riconoscimento di sé, avere la coscienza della trasformazione per giungere al piacere dell’opera”.
“Piombare sulla pietra: simbolo della pesantezza di questi giorni”.
“Guardavo le figure che venivano fuori” e … “attraverso il lavoro artistico l’ho accompagnato nell’al di là”.
“Il lavoro artistico ci aiuta ad andare oltre il conosciuto”.
Riconoscere e accettare la soggettività dell’esperienza, così come questa emerge nel momento presente con il lavoro artistico, nelle diverse sfaccettature appartenenti a ciascuno, penso rappresenti un elemento essenziale sia per l’autore che per il consulente (e per il terapeuta) e per questi la messa in atto della sua comprensione empatica verso il cliente.
Come funziona l’arteterapia secondo la nostra esperienza?
La tematica della malattia grave e della fine della vita sollecita molte risonanze personali che per gli operatori è importante conoscere anche nelle modalità della loro “metabolizzazione” e per evitare o ridurre le forme possibili di burn out. Penso che la elaborazione e la riflessione che alternano teoria e pratica contribuiscono a questo, ho così proposto alle allieve partecipanti di esporre nel gruppo riunito le nostre opinioni attuali su “Come funziona l’arteterapia secondo la nostra esperienza?” e abbiamo dato queste risposte:
“L’atelier è uno spazio in cui l’utente-cliente ha numerose possibilità per contattare il proprio mondo emotivo e di manifestarlo attraverso l’opera arteterapeutica. Successivamente questo può contribuire a favorire l’espressione verbale sia come momento di auto-osservazione che di comunicazione all’esterno del proprio processo interiore. L’opera diventa l’occasione per esprimere emozioni, significati personali e difese che, al di là della consapevolezza, emergono nel processo artistico”.
“Rispetto agli altri tipi di percorso terapeutico, l’arteterapia offre la possibilità di conservare un prodotto che è la concretizzazione dell’esperienza interna e che, con la sua permanenza, permette elaborazioni successive a quelle avvenute nel momento presente”.
“La disponibilità di diversi materiali permette all’utente di rivolgersi a quelli che maggiormente lo gratificano dal punto di vista percettivo, sensoriale ed espressivo”.
“Osservare l’utente all’opera offre al conduttore un punto di vista privilegiato per la conoscenza globale della persona, delle sue modalità di relazionarsi con i materiali, lo spazio, il gruppo, i temi e il conduttore stesso”.
“La disposizione dell’utente ad aprirsi e ad entrare in una relazione di fiducia è favorita anche da una buona gestione degli spazi e dei tempi dell’attività in atelier”.
“Il rispetto dei tempi individuali comporta la libertà di ognuno di non accogliere la proposta del conduttore, di rallentare i ritmi di lavoro, di allontanarsi o immergersi nel processo secondo le proprie esigenze, compatibilmente con alcune minime regole condivise”.
“Lavorare in gruppo offre un arricchimento dell’esperienza da vari punti di vista: sul piano delle relazioni interpersonali, della comunicazione artistica, del percorso arteterapeutico di ciascuno”.
“Grazie all’essere testimoni dei processi creativi degli altri membri del gruppo si innesca un rispecchiamento e una moltiplicazione delle risorse”.
“La possibilità di offrire una significativa esperienza di arteterapia si basa sulla stesura attenta di un progetto che tenga realisticamente conto della tipologia degli utenti e delle risorse dell’organizzazione presso la quale si svolge o svolgerà l’attività”.
Considerando l’interesse emerso per la riflessione teorico-pratica sull’arteterapia ho proseguito con il gruppo l’approfondimento di altre tematiche, a partire dall’esperienza arteterapeutica delle partecipanti. Una di loro, trovando consenso nel gruppo, ha chiesto di conoscere maggiormente le differenze esistenti tra l’arteterapia a indirizzo interpretativo e l’arteterapia orientata alla realizzazione dell’opera. Essendo personalmente un sostenitore di questo secondo approccio ho esposto quali, a mio parere, ne sono le principali caratteristiche.
Valutazione dell’opera artistica nell’ambito dell’atelier di arteterapia
Nella sessione successiva abbiamo dedicato un po’ di tempo per raccogliere numerosi elementi utili a nostro avviso per la valutazione dell’opera che i successivi sottogruppi di lavoro delle partecipanti hanno rielaborato, considerando in modo specifico tre aree:
- Esecuzione e prossemica
- Osservazione del’opera arteterapeutica
- Linguaggio verbale dell’utente
- Esecuzione e prossemica
- Scelta della postazione di lavoro all’interno del setting.
- Postura dell’autore utente-cliente.
- Modalità di scelta dei materiali.
- Modalità d’uso dei materiali.
- Modalità del gesto.
- Valutazione del contenimento nella sfera comportamentale.
- Tempo di esecuzione.
- Interazioni tra utente/gruppo e utente/conduttore.
- Attenzione e cura nell’esecuzione del lavoro.
- Osservazione del’opera arteterapeutica
- Colori.
- Forme.
- Segni.
- Simboli.
- Spazio / riempimento.
- Misure.
- Equilibrio, rapporto tra le parti.
- Materiali utilizzati.
- Dinamicità/staticità presente nell’opera.
- Valutazione del contenimento rispetto al supporto.
- Possibili correlazioni tra l’opera individuale e quelle degli altri partecipanti.
- Osservazione dei contenuti manifesti ed eventuali risonanze affettive.
- Linguaggio verbale dell’utente
- Interazione del singolo partecipante con il gruppo e con il conduttore.
- Valutazione della coerenza tra messaggio verbale ed espressione arteterapeutica.
Per realizzare un’opera successiva, a tema libero, ho proposto di scegliere il luogo e la postura più comodi e soddisfacenti a ciascuno – alcune partecipanti, data la giornata molto calda, hanno lavorato all’esterno dell’atelier. Alcune hanno lavorato ai tavoli, altre sedute a terra.
Per la valutazione dell’opera realizzata, sulla base degli aspetti individuati precedentemente, sono stati scelti, prima di iniziare i lavori, come particolarmente significativi i seguenti:
- Colori.
- Tempo di esecuzione.
- Scelta dei materiali.
- Dinamicità presente nell’opera.
- Modalità d’uso (movimento-modalità del gesto)
- Utilizzo dello spazio disponibile.
Al termine le partecipanti hanno condiviso, a due a due, reciprocamente, le proprie riflessioni per gli aspetti specificati precedentemente.
Questa esperienza ci ha sollecitati ad approfondire il tema della soddisfazione dell’utente/cliente.
La soddisfazione dell’utente/cliente in arteterapia
La progressiva introduzione del sistema qualità nei servizi sanitari e assistenziali nel nostro paese integra nella valutazione del servizio erogato anche il grado di soddisfazione soggettiva dell’utente-cliente, oltre ad aspetti oggettivi quali l’adeguatezza degli ambienti, il completamento dell’organico per il personale, ecc. Per questo nelle Cure palliative sono spesso effettuate valutazioni attraverso interviste ai pazienti ed ai loro familiari relative al servizio che ricevono. Considerando che l’attività arteterapeutica può rappresentare per i pazienti delle Cure palliative una importante opportunità di espressione e di accetazione della difficile esperienza che essi stanno vivendo, ho proposto di esporre gli aspetti che secondo le partecipanti e la loro esperienza si possono considerare come fattori che possono influire sulla soddisfazione dell’utente per la sua partecipazione all’attività arteterapeutica. La successiva rielaborazione da parte del gruppo di lavoro ha individuato i seguenti aspetti (non sono elencati in ordine di importanza)
- Lo spazio disponibile.
- La comodità dei materiali.
- La possibilità di scegliere.
- Il piacere nell’uso dei materiali.
- Libertà – e possibilità di sperimentazione – con i materiali.
- Il lavoro con i materiali non razionalizzato, istintivo e immediato.
- Piacere per la realizzazione del prodotto artistico, secondo il proprio giudizio.
- Sicurezza di avere il foglio come spazio fisico reale per riordinare, vedere e fermare le proprie emozioni e la loro consapevolezza.
- Scaricare le frustrazioni.
- Comportamento e postura.
- Assenza di giudizio.
- Accoglienza.
- Continuità della presenza del conduttore.
- Apertura del conduttore verso gli aspetti transpersonali e trascendenti dell’esperienza.
- Sentirsi ascoltati e compresi.
- Richiedere l’esperienza vissuta.
- Relazione con il gruppo.
L’esperienza formativa dell’anno precedente
L’anno precedente avevamo tenuto un primo seminario per le allieve della scuola che erano anche in quel caso alla conclusione del loro ciclo formativo triennale e per l’ultima sessione di lavoro, dopo quattro giorni di seminario sulle tematiche della malattia grave, della sofferenza e della morte, due dei quali tenuti da Emma Vitti, ho chiesto alle partecipanti se c’era qualche tema che avrebbero ancora desiderato approfondire e la loro corale risposta è stata che desideravano effettuare un lavoro di gruppo. Dopo un breve scambio di idee e opinioni ci siamo accordati per la realizzazione di opere comuni per le quali ogni partecipante dispone di un po’ di tempo e poi l’opera viene data da proseguire, per un tempo analogo, al partecipante che ha accanto e così via. È stato per me toccante avvertire l’esigenza delle partecipanti di ritrovarsi insieme svolgendo un lavoro comune, con un’interazione comunicativa non verbale, per concludere le quattro impegnative giornate.
Prima di iniziare ho avuto l’opportunità di parlare delle nozioni e della concettualizzazione “operazionale” che sono alla base dei criteri di analisi del processo con cui l’opera arteterapeutica può essere letta. Ho quindi chiesto alle partecipanti di indicare liberamente le nozioni che avremmo potuto successivamente utilizzare per valutare il lavoro che avrebbero fatto. Gli elementi di processo – e le relative nozioni – che abbiamo individuato sono stati: movimento, relazione, fluidità, cambiamento, ritmo, condivisione, temi, forme e segni, contatto, ascolto, creazione, materiali, libertà, rispetto, spontaneità. Tra questi abbiamo convenuto di sceglierne cinque che sarebbero stati successivamente utilizzati per la valutazione: ascolto, forme e segni, fluidità, contatto, ritmo. Terminato il lavoro ho preparato un tabellone sul quale ogni partecipante ha dato la sua valutazione per ogni elemento.
Dopo aver dato le risposte per il primo elemento, l’ascolto, la mia proposta di utilizzare una misurazione numerica, ritenuta troppo formale!, è stata sostituita dall’utilizzo di segni che esprimono in forma analogica la valutazione attribuita da ogni partecipante. Non abbiamo poi avuto il tempo per completare la valutazione sull’elemento segni e forme ma il risultato è sembrato ugualmente a tutti particolarmente significativo.
Osservandoli rilevo che se in alcuni l’ignoto, il mistero, le domande senza risposta, sembrano contraddistinguerli, in altri invece prevalgono bellezza, armonia, sentimenti d’amore, pienezza. Queste due componenti sono tuttavia presenti, in diversa misura, nell’insieme dei lavori. Attraverso i disegni evocativi, realizzati con una ampia gamma cromatica e il loro movimento fluido, mi sembra di poter dire che è presente una modalità spirituale di compartecipazione con la “vita dell’universo”. Non sono presenti simbologie che riguardano fedi religiose specifiche; questo può essere conseguente al ridotto numero delle partecipanti – quindi non rappresentativo -: tuttavia penso anche che quando l’attenzione e la consapevolezza sono portate ai significati della fine della vita come esperienza, e questa si può esprimere ed evolvere in modo incondizionato, si può manifestare una comune umanità al di là di connotazioni culturali e storiche definite dalle diverse religioni.
Questi lavori conclusivi delle quattro giornate dedicate all’arteterapia nelle cure palliative che hanno coinvolto personalmente le partecipanti sui temi del dolore, della malattia, della fine della vita e della morte, manifestano chiaramente la possibilità, quando l’elaborazione dei significati personali è accompagnata da accettazione profonda, di integrare nell’esperienza individuale e soggettiva i diversi aspetti che la compongono.
L’espressione creativa e artistica può così essere una importante, se non essenziale, forma di comunicazione, per sé e per gli altri, capace di catalizzare ed esprimere significati ed emozioni altrimenti inesprimibili.
MICHELE DAGHERO, Arteterapeuta, Lyceum – Formazione e aggiornamento, Milano Formazione Triennale in Arteterapia Clinica
BIBLIOGRAFIA
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