23 Dic Associazioni professionali: natività e novità
di Fabio Meloni
Nel tardo pomeriggio del 19 dicembre, appena cinque giorni fa, la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge n. 3270 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”. Si tratta di una svolta epocale, che ristruttura completamente il campo delle professioni nel suo complesso, non solo perché introduce nel nostro Paese il doppio sistema degli ordini e delle associazioni professionali, ma anche perché permette a milioni di professionisti di promuovere, valorizzare e qualificare il proprio lavoro in modo autonomo, libero e responsabile. Il 19 dicembre rappresenta una data storica anche per gli arte terapeuti: la legge in questione offre loro l’opportunità di costruire profili professionali e sistemi di certificazione della qualità del lavoro e delle competenze finalmente in linea con il resto del mondo occidentale e con paesi nei quali i concetti di libertà, di responsabilità e di autoregolazione informano l’attività legislativa da molto più tempo, con molta più convinzione e con molta più efficacia che in Italia.
La legge approvata, oltre a definire il concetto di professione non organizzata in ordini e collegi, introduce il principio del libero esercizio della professione “fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica del professionista”; consente al professionista di scegliere la forma in cui esercitare il proprio lavoro e promuove la costituzione di forme associative che valorizzino le competenze dei propri membri, stabiliscano regole deontologiche istituendo organismi preposti a vigilare sulla loro osservanza, e favoriscano la scelta e la tutela degli utenti, nel rispetto dei meccanismi della concorrenza. Oltre a ciò, alle associazioni stesse è consentito di aggregarsi tra loro, agendo in autonomia rispetto alle singole componenti, al fine di promuovere e qualificare le attività professionali che rappresentano.
La sera del 19 dicembre – una sera molto vicina al Natale – mi sono giunte diverse e-mail che annunciavano, quasi tutte con toni entusiastici, la definitiva approvazione della legge. Una nascita, in qualche modo: non solo di una legge ma anche di uno spirito nuovo, di una concezione moderna – finalmente! – delle professioni e, soprattutto, dei rapporti tra professionisti e utenti/clienti. Una nascita che è anche un “pro-getto”, dunque, una “pro-mozione”; ricordando l’eccezionale Benigni di qualche sera fa, una legge che protegge e promuove e che non si limita, come spesso accade, a vietare e a proibire (non è un caso che gli unici divieti presenti, a dire il vero piuttosto generici, siano quelli attivamente sollecitati dagli ordini e dai collegi professionali).
Sarà per questo che, quella sera stessa, sono andato a riguardare e ad ammirare la Natività di Caravaggio, uno dei più grandi capolavori dell’artista milanese, perduto in circostanze non del tutto chiarite e mai più ritrovato. Una Natività terrena, scandalosamente umana, in particolare nella fatica di ‘una Maria’, stanca e prostrata dai travagli del parto, che è offerta centralmente al punto di vista di chi guarda, e che, insieme all’angelo che la sovrasta, evoca compiutamente la polarità sacro – profano incarnata in ‘qualsiasi eccezionale’ accadimento umano. Accanto a Maria, sulla destra del quadro, ‘un Giuseppe’ colto in una posa decisamente inusuale rispetto all’iconografia tradizionale: quasi l’accenno di uno scatto, di un movimento, di una irrequietezza, di uno “stare per…”; una presenza che è anche un’assenza – il volto è, di fatto, nascosto – tanto è che non tutta la critica è unanime nel riconoscere in quella figura il padre putativo di Gesù.
Una natività terrena, profondamente laica: le molte luci e le molte ombre della scena, e il verde manto di Giuseppe, il colore della speranza e della libertà per il senso comune ma anche di una ritrovata serenità per il Caravaggio, nel breve tempo del suo soggiorno siciliano del 1609, in occasione del quale eseguì l’opera. Purtroppo, questo meraviglioso dipinto è stato rubato nell’autunno del 1969 da uomini di mafia e, successivamente e con ogni probabilità, distrutto.
La democrazia sostanziale, la libertà e la laicità, come l’arte, sono conquiste fragili, bisognose di protezione continua, di continuo nutrimento; sono frutto di fatica, di lavoro, di indipendenza intellettuale e di un terreno di civiltà diffusa. Una qualsiasi mafia può annientarle. Vale la pena di impegnarsi, allora, perché questo Natale sia davvero simbolo della nascita di qualcosa di nuovo, anche per la professione degli arte terapeuti, che da subito sia riconosciuto come prezioso, fragile, bisognoso di cura, di attenzione e di protezione da interessi opachi, spesso prepotenti, altrettanto spesso genuinamente illiberali. Noi faremo certamente la nostra parte, ma perché la nostra azione sia efficace c’è davvero bisogno dell’impegno quotidiano, del concorso convinto e della condivisione appassionata degli arte terapeuti. Buona Natività, allora, buon Natale e buon ‘prendersi cura’ di questa nuova e preziosa creatura a tutti!