
05 Dic Frida Kahlo e l’autoritratto
Frida Kahlo e l’autoritratto
Di Maria Lulia Carnesi
“Dal momento che i miei soggetti sono stati sempre le mie sensazioni, i miei stati mentali e le reazioni profonde che la vita è andata producendo in me, ho di frequente oggettivato tutto questo in immagini di me stessa, che erano la cosa più sincera che io potessi fare per esprimere ciò che sentivo dentro e fuori di me” (“Frida Khalo”da Frida, Vita di Frida Kahlo, H. Herrera; pag 197).
LO SPECCHIO NELL’AUTORITRATTO
Lo specchio, assunto nel tempo indifferentemente come simbolo di verità o di inganno e quasi sempre come metafora di qualcosa d’altro, complice indispensabile di ogni autoritratto, mezzo rivelatore del nostro lato oscuro, custode dell’identità cognitiva, diventa nell’autoritratto il vero soggetto ico-nografico, in grado di catturare e mostrare per via indiretta, grazie alla me-diazione dello sguardo estraneo dell’autore su di sé.
Lo specchio, utilizzato nell’ autoritratto, è imprescindibile sia nel senso che è un attrezzo fondamentale per fare tecnicamente il proprio ritratto, sia nel senso che, come afferma la psicoanalisi, la nostra identità in qualche misura si forma attraverso il rapporto con lo specchio; la nostra identità si concretizza appunto con la rappresentazione che hanno di noi gli altri (per es. la madre quando si è bambini) e che ci rimandano (feedback sociale); noi continuiamo a vederci attraverso gli occhi degli altri, o meglio attraverso l’immagine che immaginiamo che gli altri abbiano o debbano avere di noi.
L’artista attraverso l’autoritratto si libera, a volte, di parti di sé inaccettate che vengono scisse e proiettate sulla tela. Si può parlare in questo caso di “processo di riparazione”, che però non è sufficiente: bisogna infatti che egli elabori e reintroietti quelle parti di sé scisse con le quali deve comunque fare i conti, in quanto anch’esse gli appartengono.
Ma sotto un profilo tecnico c’è di fatto una scissione, o meglio, uno sdop-piamento tra l’io oggetto e l’io soggetto: infatti per potersi rappresentare come oggetto, per diventare l’immagine del quadro, occorre che l’artista torni a guardare alla sua immagine come a quella di un altro fuori di sé.
Si tratta di un processo complesso, perché in realtà questa disidentifica-zione deve avvenire, ed avviene, nella consapevolezza dell’unità sostan-ziale dell’Io. Agisce allora, un meccanismo che presuppone un Io abba-stanza maturo e strutturato, abbastanza elastico per sopportare questa scissione, o meglio questo sdoppiamento. La capacità di autoritrarsi è dunque di per sé una garanzia di relativo equilibrio psichico e di un corretto riconoscimento di sé.
L’autoritratto ripercorre e rispecchia dunque le tappe fondamentali della formazione dell’Io, portando in superficie e rielaborando le ansie correlate al senso della nostra identità. In tal modo si configura come un racconto autobiografico, una confessione, una interrogazione, un gioco speculare in cui si prende coscienza della dimensione del proprio corpo e della propria immagine che non sempre coincidono con quella mentale. L’artista quindi sceglie se stesso come modello rinterpretandolo.
FRIDA KAHLO E L’AUTORITRATTO
Una delle pittrici che esplora i suoi sentimenti e le sue emozioni più pro-fonde attraverso la pittura è Frida Kahlo, pittrice messicana del novecento; la sua passione erano la politica e la pittura; nella prima la pittrice viveva intensamente il periodo storico del suo paese partecipando attivamente a tutte le lotte pacifiche e ai fermenti, a difesa dei molti oppressi e poveris-simi della grande nazione centroamericana; nella pittura, invece, ritrovò il coraggio di affrontare la sua condizione di handicap fisico e psicologico.
A sei anni Frida, infatti, si ammalò di poliomelite che le diede problemi al suo piede destro, ma fu un incidente all’età di 15 anni che la tormentò per tutta la vita, dopo il quale subì una ventina di operazioni, provando soffe-renze indicibili. Nonostante questo Frida amò appassionatamente la vita e seppe trovare la sua strada nella pittura.
Frida precede le tematiche che vengono sviluppate nella contemporaneità come quelle dell’autoanalisi attraverso il corpo, dall’utilizzo di questo come luogo di riflessione e di analisi, il suo corpo infatti è un corpo sofferente; lei però non ha paura di parlare della sofferenza e della morte che spesso appaiono come temi tabù nella società.
Dopo l’incidente che subì da ragazza, per molto tempo Frida fu costretta a restare immobilizzata a letto, la madre allora pensò di regalarle uno spec-chio e di metterlo in modo tale che lei si potesse guardare, lo incastonò proprio sul tetto del suo letto a baldacchino dove si trova ancora oggi.
Questo gesto misterioso, quasi predittivo, della madre diventò un grande stimolo per la creatività della figlia, infatti guardandosi riflessa, Frida, iniziò un lungo viaggio che è durato per tutta la sua vita: il corpo a corpo con la sua immagine, con le sue tante immagini che hanno determinato la sua arte, un modo di esprimersi che continuerà per tutta la vita. Un’autoindagine, un’autoanalisi che parte dal proprio corpo e che la rende una figura emblematica in tutte le sue opere.
Rimanendo immobilizzata per alcuni mesi nel letto si trova a tu per tu con la propria immagine; inizia così questo “corpo a corpo” con se stessa, par-tendo solamente dalla sua immagine. A parte questo periodo di immobilità, Frida è una donna che ha vissuto moltissime esperienze per la sua breve vita, morì prima ancora di compiere cinquant’anni, ma nonostante la sua infermità viaggiò ed ebbe un sacco di amori, quindi non rimase tutto il tempo a contemplarsi nello specchio, anche se questo rapporto di autoanalisi attraverso il corpo durò per tutta la vita.
Lungo tutto la sua opera pittorica fece un’autobiografia di se stessa, utiliz-zando l’autoritratto come elemento fondamentale della sua storia, ma lo specchio diventa per Frida anche un elemento magico, la pittrice sfrutta infatti, la capacità dello stesso per modificare l’immagine; lo specchio diventa per lei un modo per sdoppiarsi e quindi di potersi rappresentare anche dal di fuori. Vedersi dal di dentro e dal di fuori nello stesso tempo è un elemento di comunicazione fondamentale per Frida, un varco che mette insieme l’interno con l’esterno. Guardarsi allo specchio e poi ritrarsi, diventa una presa di coscienza di sé e della sua condizione, ma è anche una modalità di vedersi diversa, di trovare il suo alter ego fisico e psicologico.
Frida creava immagini nelle quali era sicura di poter esistere; in effetti il tema ricorrente e fondamentale della sua opera è se stessa.
Frida rappresentò il proprio volto in più di cinquantacinque lavori, auto-ritraendosi cercò di collocare se stessa nel punto d’incontro dei vari livelli dell’essere. Ogni suo ritratto rivela solo un parziale riferimento a se stessa, permettendole di negoziare un modo per esistere, una propria collocazione nel mondo. Ad ogni livello più complesso, dunque, i suoi autoritratti sono straordinari poiché rendono visibili eventi ed emozioni che raramente sono stati riconosciuti come legittimi soggetti d’arte. Fondono un sé pubblico con un sé intimo, psichico, dichiarando che la tradizionale separazione mente corpo per lei non esiste; per Frida gli autoritratti, la sua forma di rispecchiarvisi dentro, rivelano che esistere, per lei, significava avere un corpo – malato, con tutta la sofferenza che ne derivava.
Modellando il suo primo “Autoritratto con vestito di velluto”(Fig.1) sui ritratti manieristi di Bronzino, ed in particolare su “Eleonora di Toledo”(1540), Fri-da Kahlo non solo annuncia la sua ispirazione a creare un’arte alta, ma ci descrive l’importanza che la pittrice ritrova rispecchiandosi nei suoi lavori.
In “Autoritratto con vestito di velluto” è evidente l’inflessibilità dello sguardo che essa rivolge al proprio doppio nello specchio, per poi dipingersi; l’intensità di quello sguardo genera l’illusione della scoperta; da questo momento in poi la pittrice perfezionerà uno stile che le permetterà di nascondere le proprie emozioni dietro quella sorta di maschera che è appunto il volto riprodotto attraverso lo specchio.
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(Fig.1) “Autoritratto con vestito di velluto, Olio su tela, 1925” .Collezione privata
Consideriamo uno dei quadri più rappresentativi del suo “sdoppiamento” ossia “Le due Frida” (Fig.2),in questo quadro sviluppa una sorta di teoria, una regola matematica sullo specchio, ovvero in quella stanza mentre di-pinge, la pittrice analizza le sue molteplicità immaginandosi già sdoppiata.
Questa espressione delle sue ambivalenze, della sua complessità si manifestano in questo quadro, dove le due Frida si tengono per mano, il cuore rosso evidenzia la forte emotività che la pittrice prova in quel momento; questo quadro fu dipinto nel 1939 dopo essersi separata dall’uomo che amerà sempre, il pittore Diego Rivera.
“Le due Frida” possono essere interpretate come manifestazione pittorica della contraddizione di sé; le due Frida infatti, non possono condividere lo stesso spazio, né dal punto di vista logico né da quello fisico ed emotivo. La pittrice mostra due immagini di sé, divise ma allo stesso tempo alleate, in contrasto, ma corrispondenti allo stesso corpo. Virtualmente tutti i suoi autoritratti alludono ad una sorta di ego frammentato in diversi ambiti (la politica, il sociale e le emozioni) attraverso i quali Frida comunica, in quanto messicana e donna fisicamente menomata. Le due Frida sono sedute su un sedile rustico di bambù, in uno spazio non determinato, sullo sfondo un cielo nuvoloso ad indicare la confusione della sua vita. In una successiva intervista la stessa Frida affermò che attraverso questo doppio, si manifestavano le identità delle due Frida: una era quella che una volta Rivera aveva amato e l’altra quella che non amava più. Ciò che le due Frida condividono dunque è una simbiotica esistenza fisica, ma i loro corpi rimangono immutabili e costanti, mentre i loro abiti rivelano il cambiamento di significati culturali e sociali. In questo modo l’artista non esprime semplicemente alcuni aspetti della propria personalità, ma costruisce dei sé alternativi, ricreando la sua stessa persona offrendo così possibilità alternative al proprio sé.
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(Fig.2) “Le due Frida, 1939” Museo de Arte Moderno, Città del Messico
Nel 1940, sempre dopo aver concluso la sua storia d’amore, si ritrarrà ve-stita da uomo, con i capelli corti e le forbici in mano in “Ritratto con i capelli tagliati” (Fig.3). Come è noto i capelli hanno una fortissima valenza simbolica di bellezza e seduzione; nella parte alta del quadro Frida scrisse le parole di una canzonetta messicana “vedi se t’amavo era per i tuoi capelli; adesso che sei rapata non ti amo più…” anche in questo caso l’artista si serve della pittura per esprimere il suo dolore più intimo e profondo, ritraendo se stessa spogliata da ogni passione, da ogni forma di seduzione e femminilità, come se queste fossero andate via con la separazione dal marito Diego Rivera. In questo autoritratto Frida esamina anche il modello sociale di donna, non proprio una riflessione sulla sua identità, ma un’analisi della donna nelle sue caratteristiche più profonde, eliminando dalla propria immagine i segni codificati dal sociale per indicare la femminilità: capelli lunghi, abiti ed atteggiamenti femminili. In questo quadro Frida, che indossa un abito maschile di taglia abbondante, tiene in mano al posto del ventaglio un paio di forbici e guarda direttamente l’osservatore, sfidandolo così a guardarla come una donna.
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(Fig.3)“Autoritratto con i capelli tagliati, Olio su tela; 1940” Museum of Modern Art of New York
Per concludere analizziamo un altro quadro molto rappresentativo della condizione pisco fisica di Frida: “La colonna spezzata” del 1944; quando Frida dipinse questo quadro la sua salute stava peggiorando al punto da usare un busto di gesso per mantenere la colonna vertebrale in posizione eretta. La rappresentazione di una colonna ionica, disfatta in vari punti, si riferisce totalmente alle fratture della sua colonna. In questo quadro Frida
analizza la sua realtà, esorcizzando il dolore delle fratture del suo corpo. Le lacrime, i chiodi che le puntellano la pelle, la lacerazione lungo tutto il tronco, sono tutti elementi significativi di ciò che lei sente nel suo corpo; anche questa auto rappresentazione rispecchia il suo stato psico fisico, ciò che lei sente su di sé e dentro di sé, viene rappresentato attraverso questo autoritratto, lo sguardo è sbieco, la testa un po’ volta, come in posa di fronte ad uno specchio, Frida mescola realtà ed immaginazione, la postura è quella di una donna che si specchia ma ciò che realizza è la realtà come la sente, come la vive Frida dentro al suo animo.
La scelta di sostituire la propria colonna vertebrale con una colonna clas-sica, mette in analogia tra il corpo umano e l’arte classica, una alla base del corpo umano e l’altra alla base dell’arte. Frida utilizza la propria cono-scenza dell’anatomia per riferirsi al proprio travaglio interiore, ricreando una sorta di visione a raggi X, rende visibili sentimenti e sensazioni, che altrimenti non saprebbe articolare.
Anche quando ritrae se stessa in pose sofferte e dolorose, Frida conserva uno sguardo carico di sfida: attraverso l’arte reagisce, nonostante le circo-stanze fisiche glielo impediscano.
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(Fig. 4) “La colonna spezzata,Olio su tela,1949” Museo Dolores Olmedo Patiño, Città del Messico
Frida Kahlo in conclusione, fu sempre pronta a reagire alla sua condizione, utilizzando l’arte realista e la pratica dell’autoritratto, ogni suo lavoro infatti porta il peso della sua sofferenza ma trasmette anche la forza ed il coraggio che l’accompagnarono durante la sua vita.
Guardare ancora oggi un quadro di Frida Kahlo significa sintonizzarsi su quello che lei stessa provava nell’esatto istante in cui si specchiava nel suo specchio.
Questo articolo si riferisce alla rivista n°10 del Marzo 2010.
Bibliografia:
A.Stella “Lo specchio di Narciso e lo sguardo di Afrodite. Esplorazioni psicoanalitiche sul narcisismo” Ed. Dedalo, Bari, 2005.
Stefano Ferrari “Lo specchio dell’Io. Autoritratto e psicologia” Editori Laterza, Roma, 2002.
Sarah M.Lowe “Frida Kahlo, autoritratto in frammenti” Selene Edizioni, Milano, 1999.
Andrea Kettenmann “Frida Kahlo” Ed. Paisagem, 2004.
Rauda Jamis “Frida Kahlo” Ed.Tea, Milano, 2003.
H. Herrera “Frida. Vita di Frida Kahlo” La Tartaruga, Milano, 2003.
Per le immagini: http://images.google.it/