Dentro e fuori le sbarre

La possibilità di crescere anche in carcere

 
“Viaggio all’isola di Sakhalin”, Teatro Argentina, Roma, 19 e 20 settembre 2014.
di Anna Maria Acocella

 

 
«Con il progetto Teatri di Comunità – dichiara il direttore Antonio Calbi – il Teatro Argentina si apre ancor più alla città intera, e alle diverse anime e realtà che la compongono e la abitano. Il Teatro realizza il proprio senso e la propria missione, quando accoglie e si fa inclusivo…”
Lo spettacolo si inserisce all’interno del progetto Teatri di Comunità, un programma di attività che il Teatro di Roma promuove per coniugare l’arte al territorio e alle realtà che vi operano e per favorire l’inclusione delle diverse generazioni e delle comunità che la costituiscono.

Il Teatro Argentina ha aperto la stagione 2014, spalancando le porte al Carcere di Rebibbia, notoriamente l’istituto di pena considerato il più “duro” della città di Roma, con un evento volto ad approfondire da una parte, i mali del nostro tempo, dall’altra, il valore della comprensione reciproca tra differenti ordini del tessuto sociale; intendendo dimostrare come siano tutti ugualmente utili e in evoluzione. L’auspicio è quello di rendere possibile il dialogo tra di esse contribuendo in tal modo e in larga misura alla crescita personale di ogni individuo.

Anche Rebibbia quindi, ha aperto le sue porte per far uscire in questi due giorni un gruppo di 40 detenuti, tra cui anche persone destinate a lunga detenzione, per poter recitare il dramma (in parte commedia) “Viaggio all’isola di Sakhalin”, ideato da Laura Andreini Salerno e liberamente tratto dagli scritti sul tema di Anton Cechov e Oliver Sacks, con la regia di Valentina Esposito.
Bellissimo spettacolo. Bravi gli attori, ottima la regia. Un viaggio all’interno di noi stessi, fra le luci e le ombre dell’animo umano.
Viaggio all ‘isola di Sakhalin è liberamente ispirato all’ esperienza che Cechov nell ‘esercizio della sua seconda professione, quella di medico, che fece alla fine dell’ 800 visitando la colonia penale posta all’ estremo oriente della nazione russa.
Al tragico reportage cecoviano sulle condizioni di detenzione degli ergastolani relegati nell’ isola di ghiaccio, si intreccia il racconto di una delle più singolari esperienze dello scienziato Oliver Sacks.
Nell’ isola dei senza colore, Sacks incontra uomini e donne che l’ isolamento ha resi ciechi ai colori. Acromatopsia è il nome scientifico della malattia diffusa da un gene misterioso, trasmesso di padre in figlio. Dalla Siberia a Rebibbia – L’opera si intreccia seguendo due filoni: quello che ricalca in particolar modo gli appunti che abbiamo dell’esperienza professionale di Cechov nelle carceri siberiane, e quello della realtà vissuta dai reclusi “veri” che dopo lunghi corsi di teatro in carcere sono approdati sul palco. Difficile e inutile distinguere i due fili del discorso: la problematica comune sembra travalicare tempo e lunghi spazi per far identificare tra di loro perfettamente persone dall’esperienza ovunque simile. Lo spettacolo intreccia dramma e commedia, seguendo la traccia del medico che prova a sconfiggere, con la passione dello scienziato- missionario, quel male terribile che è la cecità degli affetti : il male che colpisce in ogni tempo, luogo e condizione, coloro che vivono reclusi e privati delle fondamentali relazioni umane e affettive
E come pubblico siamo portati e invitati a fantasticare sulle proprie reclusioni interiori di qualunque tipo, e a porci la domanda dell’ultimo atto: se è meglio guarire, o restare con parte delle proprie percezioni ed emozioni atrofizzate, per non provare dolore?

Da un decennio il Carcere di Rebibbia Nuovo Complesso ha “aperto” le porte alla Città con un Festival che trasforma la “Città Dolente” in un luogo di promozione culturale per artisti, attori, musicisti, autori, cittadini reclusi e cittadini liberi. Insomma, per ognuno di noi!

…Sakhalin è un luogo di intollerabili sofferenze per ciascun uomo, sia esso recluso o custode. Io oggi m imbarco per l’ isola siberiana con la convinzione che il mio viaggio forse non darà un pregevole contributo né alla letteratura né alla scienza, ma sono sicuro che in tutti questi mesi avrò l’ occasione di vivere momenti di gioia, o di amarezza, che ricorderò fino alla fine dei miei giorni.
Anton Cechov

Redazione NuoveArtiTerapie
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