
20 Apr Il nuovo album di famiglia
Usare i ricordi per arrivare a un paziente che ricordi non ne ha più
Francesco Zaghini, Andrea Scoccia, Angela Infante, Alessandro Martorana
Premessa
“E’ probabile che siano i ricordi più antichi ed emotivamente più importanti a ricomparire per primi. Nel recupero della propria individualità, i ricordi evocati dalle voci e dai volti dei familiari, dalle canzoni e miti dell’adolescenza, dai legami affettivi più profondi rivestono una straordinaria importanza.
La memoria recente, ovvero quella di quanto accade di ora in ora, è spesso invece molto parziale o completamente assente.
I deficit della memoria sono indice di danno cerebrale, sono assai frequenti e possono divenire il maggior problema per il malato, spesso accompagnati da depressione, aggressività e cambiamenti marcati del carattere.”
Ma cos’è la memoria? Una risposta precisa getterebbe in imbarazzo qualsiasi serio studioso: tante sono le domande, poche le risposte sicure. Sinteticamente si potrebbe dire che, da un punto di vista biologico la memoria è il prodotto delle sinapsi. Allargando il discorso potremmo definire la memoria un meccanismo meraviglioso, un mezzo per trasportarci indietro nel tempo. La memoria è un’attività mentale che ci lega nel tempo, vale a dire ciò che dà un senso all’esistenza.
- Da un punto di vista cinematografico, il regista Luis Buñuel dice che bisogna cominciare a perdere la memoria, anche solo ogni tanto, per comprendere che la memoria è ciò che riempie la nostra vita. La vita senza memoria non è vita. La nostra memoria è la nostra coscienza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino la nostra azione. Senza di lei, non siamo niente.
- Da un punto di vista fisiologico si può affermare che ogni organismo si modifica vivendo: ogni situazione nuova, diversa dalla precedente, sollecita la formazione di un nuovo schema sinaptico che genera nuove modalità di risposta, da parte della persona. In questo senso, con il termine memoria si intende la capacità di conservare la traccia delle modificazioni sinaptiche.
Ad esempio, quando un bambino piccolo afferra un oggetto nuovo, se questo è particolarmente pesante, o scivoloso, o molle, egli dovrà mettere in atto, per tenerlo, tutta una serie di nuove coordinazioni muscolari. Se, dopo qualche tempo, dovrà riafferrare lo stesso oggetto, egli saprà immediatamente come fare, il suo organismo ha memorizzato la quantità di sforzo necessario per tenere l’oggetto.
La conservazione del movimento (come descritto nell’esempio precedente) è una parte di ciò che intendiamo per memoria, ma ci si potrebbe chiedere: perché la memoria organica non ha oblio? In altre parole: perché ricordiamo camminare, correre, nuotare, andare in bicicletta, remare anche dopo anni di mancato esercizio, e dimentichiamo, invece, parole, numeri di telefono, nomi di amici che non vediamo da molto meno tempo? Si potrebbe sostenere che la memoria psichica è quella che subisce continue modifiche, al punto da trasformare nel tempo anche i suoi contenuti, rispetto a quella fisio-biologica, più condizionata da strutture organiche. In questi casi l’oblio non esisterebbe: non si dimentica nulla, solo non si riconosce più ciò che stato immagazzinato. Se la memoria è una funzione psichica che organizza l’aspetto temporale del comportamento, il modo in cui si fissa dentro di noi la traccia dell’esperienza passata (detta anche traccia mnestica) è una conoscenza non del tutto chiara, affermazione sulla quale da tempo convergono gli studi di biochimica. Da un punto di vista psichico (che è quello di cui ci stiamo occupando) studiare il ricordo in modo sperimentale, vale a dire esaminare l’aspetto funzionale della memoria, ci consente di fare delle osservazioni. La prima si riferisce alla possibilità di distinguere due modi di ricordare: il richiamo e il riconoscimento. Il richiamo è l’atto di riprodurre il ricordo. Rievocare una poesia, descrivere una situazione, ricordarsi il nome di un amico che non si vede da tempo, sono atti di memoria completi. Il riconoscimento, invece, implica la capacità di scegliere, tra gli elementi presenti, quelli conosciuti.
Il riconoscimento richiede uno sforzo minore di memoria ed è infatti molto più comune del richiamo (a tutti sarà capitato di dover ricorrere all’elenco telefonico per reperire un nome, che sembrava svanito, e di riconoscerlo improvvisamente tra gli altri nomi, così come può accadere, ad esempio, con una fotografia o ascoltando un brano musicale). Sono diversi i fattori che mettono in particolare risalto la traccia mnestica.
Innanzi tutto il ricordo è legato a qualcosa che si differenzia dalla routine abitudinaria, automatizzata, a eventi che si legano all’interesse personale e alla tonalità emotiva. L’interesse è una colla che lega con forza ciò che si desidera ricordare. Uno studente, che era stato definito di scarsa memoria, si presentava effettivamente con questa caratteristica per lo studio scolastico, ma sapeva benissimo a memoria la composizione delle squadre di calcio di una o più serie, la rispettiva posizione in classifica e i nomi dei giocatori. È indubbio che il suo interesse non era rivolto allo studio scolastico, ma altrove; e quindi le ragioni della scarsa memoria erano culturali, di organizzazione dello studio o anche personali, ma non organiche.
Più di quanto si possa credere, la capacità di ricordare è legata alla considerazione che uno ha di sé, all’autostima, rispetto al livello di aspirazione che il gruppo sociale gli propone.
Una seconda spinta viene dal livello dell’emotività che la situazione produce, esso può essere interno o provenire dall’esterno. In altre parole, si ricorda più facilmente ciò che ha una connotazione emotiva piacevole e meno ciò che si lega a sensazioni di timore, di ansia e simili. Però il recupero della situazione spiacevole, che è stata temporaneamente rimossa, può tornare a galla com’è avvenuto sia a Chaplin sia a Gorkij e a Joyce nel recuperare la propria biografia.
Una terza “spinta” può provenire da aspetti molto personali e particolari.
Introduzione
Le demenze costituiscono sempre di più un problema rilevante di sanità pubblica, tali patologie rappresentano infatti una delle maggiori cause di disabilità nella popolazione generale ed hanno un considerevole impatto socio-sanitario. Oltre all’Organizzazione Mondiale della Sanità, che da qualche anno ha inserito i disturbi neurologici tra le priorità della sua agenda globale, anche l’Unione e la Commissione Europea hanno posto il tema specifico delle demenze al centro delle attività di ricerca e di azione congiunta. Il maggior fattore di rischio associato all’insorgenza delle demenze è l’età. Il peso di questo invecchiamento contribuisce a confermare le stime di numerosi studi epidemiologici internazionali che prevedono, nel 2020, un numero persone affette da demenza di oltre 48 milioni, che potrebbe raggiungere, nei successivi venti anni, una cifra superiore agli 81 milioni di persone, per la stragrande maggioranza concentrata nei paesi in via di sviluppo.
Nei soli Paesi dell’Unione Europea (EU) le stime più attendibili parlano della prospettiva di superare, sempre nel 2020, i 15 milioni di persone affette da demenza, con una ratio femmine/maschi che ipotizza più del doppio dei casi per il genere femminile rispetto a quello maschile. La demenza di Alzheimer (AD) rappresenta, il 54% di tutte le demenze con una prevalenza nella popolazione ultra sessantacinquenne del 4,4%. La prevalenza di questa patologia aumenta con l’età e risulta maggiore nelle donne, che presentano valori che vanno dallo 0,7% per la classe d’età 65-69 anni al 23,6% per le ultranovantenni, rispetto agli uomini i cui valori variano rispettivamente dallo 0,6% al 17,6%. I tassi d’incidenza per AD, osservati in Europa, indicano un incremento nei maschi da 0,9 casi per 1.000 anni-persona nella fascia d’età’ 65-69 anni a 20 casi in quella con età maggiore di 90 anni; nelle donne, invece, l’incremento varia da 2,2 nella classe d’età 65-69 anni a 69,7% anni-persona in quella maggiore di 90 anni.
Negli Stati Uniti la situazione non cambia, si stima che 5,4 milioni di americani sono affetti da AD, di cui circa 200.000 di età inferiore ai 65 anni. Nel corso dei prossimi decenni si prevede di registrare un aumento di 10 milioni di persone affette da malattia di Alzheimer. Oggi, in America si sviluppa un nuovo caso di malattia ogni 68 secondi. Entro il 2050, è stimato di diagnosticare un nuovo caso di Alzheimer ogni 33 secondi, comunque quasi un milione di nuovi casi all’anno, e la prevalenza di AD si prevede sarà da 11 milioni a 16 milioni.
Le persone malate di Alzheimer, così come coloro che sono affetti da deterioramento cognitivo, vuoi perché colpiti da patologie degenerative del Sistema Nervoso Centrale, vuoi perché vittime dell’età, presentano disturbi mnestici che costituiscono una condizione necessaria della diagnosi, visto che tipicamente sono i primi a comparire, spiccando in modo evidente rispetto a tutti gli altri eventuali deficit cognitivi. In questi pazienti vengono compromessi in modo progressivo tutti i sistemi di memoria a breve e a lungo termine a partire, nelle fasi precoci del disturbo, da deficit di memoria episodica anterograda per proseguire con deficit di memoria episodica retrograda, di memoria semantica e talvolta anche di memoria procedurale.
Le foto fermano momenti particolari dell’esistenza e rievocano situazioni che ci fanno percepire il trascorrere del tempo, le nostre trasformazioni e i cambiamenti del mondo, ma anche gli elementi di continuità della nostra storia di vita.
Il processo creativo del foto-collage può rivelarsi un’esperienza sorprendente, rivelatrice, a tratti riconciliante perché consente di confrontare, esaminare, ri-valutare se stessi in relazione alla propria immagine, alla propria famiglia e al proprio vissuto.
Vero è anche che la fotografia, considerato che congela le immagini, sembra contenere in sé elementi fortemente destabilizzanti che talvolta ostacolano la percezione della nostra identità e di quella dell’altro rendendo, a volte, conflittuale il rapporto con la propria immagine.
Per questo, concedersi l’opportunità di ironizzare sul passato o sul presente significa rendere possibile la rivisitazione della propria storia.
Obiettivi
Il Dipartimento di Neuroscienze del Policlinico di Torvergata, accoglie persone affette da patologie acute e croniche che affliggono il sistema nervoso centrale e periferico. Il 50% dei malati ha superato i 60 anni, e molte patologie cronico-degenerative sono accompagnate da forme più o meno gravi di demenza senile o di altra natura.
Il Dipartimento di Neuroscienze contempla nei suoi ambulatori centri di riferimento regionale per patologie che comportano la perdita della memoria a breve e lungo termine come l’Unità Valutativa Alzheimer (UVA), il centro per il Morbo di Parkinson (PD) e l’ambulatorio per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA).
Gli utenti visitati in ambulatorio, per accertamenti diagnostici così come per gli aggiustamenti terapeutici, vengono ricoverati in reparto. Durante questo periodo l’equipe assistenziale si occupa del soddisfacimento dei bisogni psico-fisici con un approccio olistico adottando un piano di assistenza individualizzato e contestualizzato alle situazioni.
Il metodo utilizzato per l’approccio all’utenza è lasciato a libera interpretazione dei singoli in base alla loro preparazione specifica, alle loro esperienze passate e alla sensibilità individuale.
Il malato così assistito viene coinvolto in un turbinio di sollecitazioni e di stimoli diversi a seconda dell’operatore che si trova di fronte, che ovviamente è diverso ogni giorno in base alla turnazione adottata, determinando una differenza di cure nell’utenza che può incontrare persone più o meno sensibili, più o meno preparate, più o meno motivate.
Questo progetto è volto a formare e informare gli operatori sanitari del Dipartimento di Neuroscienze sull’importanza della memoria e del suo recupero, attraverso esperienze empiriche di collage fotografici, in modo di acquisire nuovi strumenti per l’approccio al paziente mentalmente deteriorato, con demenza lieve o affetto da Morbo di Alzheimer in fase iniziale.
Il progetto propone un percorso finalizzato all’elaborazione “giocosa e ironica” della propria storia di vita e alla ricerca di nuove chiavi di lettura del proprio passato.
Attraverso l’attivazione di un canale comunicativo alternativo a quello verbale, offre la possibilità di:
- Esprimere e scoprire nuovi aspetti di sé;
- Rivisitare e reinventare la propria storia di vita;
- Ri-scoprire aspetti e figure della propria famiglia.
Al termine del percorso, i partecipanti, attraverso l’aumento di conoscenze, acquisiranno nuove competenze in modo di uniformare i comportamenti professionali fornendo un’assistenza sì individualizzata e contestualizzata alle esigenze dell’utenza, ma da operatori che avranno modificato i loro atteggiamenti e i loro comportamenti attraverso l’esperienze empiriche circa la propria memoria vissute in prima persona.
Materiali e Metodi
Per il raggiungimento della finalità di cui sopra il team project ha pensato di realizzare dei laboratori artistici in cui gli operatori partecipanti sono stati sensibilizzati al recupero della memoria e il loro vissuto, realizzando fotocollage (utilizzando fotocopie) con fotografie personali e ritagli di giornali, guidati dalle sollecitazioni fornite dai facilitatori a seconda del tema previsto per la giornata.
I temi realizzati ad hoc prevedevano un percorso di recupero della memoria che si muoveva lungo un asse temporale recuperando in primis la memoria storica per passare per la memoria del vissuto più recente, giungendo ai ricordi del presente e proiettando i ricordi prevedendo un ipotesi per il futuro.
Sono stati forniti ad ogni partecipante oltre al materiale di cancelleria necessario per la realizzazione dei lavori, le riviste da cui ricavare le immagini da fondere con le proprie fotografie realizzando il “recupero della memoria”.
I Fotocollage sono stati raccolti in un album, anche questo fornito dagli organizzatori, che consentisse di ripercorrere alla fine dei laboratori il percorso di recupero della memoria effettuato.
Gli eventi formativi, che si sono svolti dal 12 marzo 2012 al 4 aprile 2012 (per un totale di 5 incontri a cadenza settimanale), prevedevano un numero di discenti pari a 8.
Nel primo incontro, dopo le lezioni magistrali presentate per illustrare gli obiettivi del progetto e fornire le basi scientifiche della clinica dei pazienti affetti da patologie che comportano la perdita della memoria, è stato stabilito il “patto d’aula” con i partecipanti, vincoli entro cui il gruppo si è relazionato durante tutti gli incontri. Nella fattispecie esso prevedeva diversi accordi, come quello del rispetto della privacy, della sensibilità e delle emozioni degli altri partecipanti; la completa libertà di condividere tutto, parte o nulla di ciò che si è realizzato all’interno del laboratori; di prevedere un momento di confronto e restituzione finale circa il vissuto all’interno del laboratorio anche fatto a distanza via mail.
Gli incontri successivi si sono svolti per una durata di circa 2 ore in cui il facilitatore del laboratorio dopo aver chiesto ai partecipanti una restituzione di ciò che era avvenuto nell’incontro precedente introduceva l’argomento del giorno dando via alla realizzazione dei foto collage. I partecipanti dopo aver acquisito le istruzioni sono stati lasciati liberi di esprimere le proprie riflessioni attraverso le immagini. I foto collage sono stati realizzati utilizzando riviste e quotidiani forniti loro e fotografie personali (in fotocopia) in modo da ripensare, ricostruire, ricontestualizzare il proprio vissuto, nel passato remoto, nel passato prossimo e nel presente.
Il progetto è stato realizzato nell’arco temporale di 10 mesi, le attività specifiche e le fasi di realizzazione sono riportate nel diagramma di Gantt (Fig.1).
(Fig. 1)
Nella progettazione dei laboratori non si poteva non tener conto del fatto che ogni foto collage è frutto del momento, dell’emozione rivissuta durante la sollecitazione, del “qui e ora”, pertanto si rendeva necessario dotarsi di uno strumento che consentisse di fissare il significato dato dai realizzatori ai fotocollage, la soluzione è stata trovata invitando i partecipanti a fornire una didascalia al prodotto attraverso la scrittura di brevi testi di libera composizione ma anche per mezzo di Petite-Onze.
Durante i laboratori i partecipanti dopo aver composto i loro prodotti, venivano invitati a condividere con i presenti, qualora avessero voluto, ciò che avevano realizzato, i motivi e le emozioni provate; durante la condivisione in plenaria venivano individuate le salienze che erano frutto di discussione e animazione dei passi successivi.
Al fine di poter divulgare, riprodurre e pubblicare, a scopo scientifico, le informazioni le foto e i testi prodotti dai partecipanti al corso è stata elaborata una modulistica specifica, in modo che essi potessero dare la liberatoria all’utilizzo dei materiali.
Diversi sono stati i professionisti che sono stati coinvolti nel processo totale, vale a dire un medico Neurologo (Resp. Scientifico), un Counselor (esperto di formazione e di Fotocollage), un infermiere con esperienza decennale nel dipartimento di Neuroscienze e organizzatore di eventi formativi.
Risultati e Discussione
Dalla scala di likert proposta agli utenti per la valutazione dell’evento sono emersi i seguenti risultati:
Domanda | Per niente | Poco | Sufficiente | Abbastanza | Molto | |
Ha capito il senso dell’iniziativa? | 100% | |||||
La proposta del laboratorio mi sembra pertinente con il contesto in cui mi trovo? | 14,3% | 85,7% | ||||
Ha gradito l’attività svolta | 100% | |||||
Ha gradito l’attività di condivisione? | 14,3% | 85,7% | ||||
Chi mi ha proposto l’iniziativa mi è sembrato/a competente? | 100% | |||||
Penso che questo tipo di iniziative siano da ripetere? | 14,3% | 85,7% | ||||
Penso che l’iniziativa possa essere un fattore positivo rispetto alla mia situazione professionale? | 100% | |||||
Dopo questa esperienza penso che utilizzerò le conoscenze acquisite? | 14,3% | 85,7% |
(Tab.1 Scala di Likert con valutazione da 1 a 5)
Per dare la possibilità ai lettori di capire a pieno i risultati raggiunti e l’entusiasmo dimostrato dai frequentatori del corso di seguito viene riportato (in forma anonima) ciò che i partecipanti hanno voluto condividere.
I testi sono stati elaborati a seguito di due sollecitazioni alla scrittura fornite al termine degli incontri e riportate in calce al questionario di valutazione dell’evento.
Gli scritti sono del tutto volontari; sono stati scritti dagli interessati nell’intimità del proprio domicilio dove sono stati liberi di portare il materiale e di restituirlo successivamente.
Degli 8 partecipanti iniziali uno ha abbandonato dopo il primo incontro (per motivi personali), gli altri sette hanno portato a termine tutto il piano formativo; di questi uno ha voluto compilare esclusivamente la scala di Likert per la valutazione dell’evento; i restanti 6 hanno voluto elaborare e condividere anche i testi riportati.
- Questo laboratorio mi ha arricchito da un punto di vista umano oltre che professionale. Da ripetere, integrando anche maggiori incontri che sono divenuti un piacere ed un dono che mai scorderò …; penso che la sua frequenza ti possa regalare uno spazio da dedicare, oltre che a te stesso, anche alla professione di aiuto che svolgiamo. Vivamente consigliato, sorprese e confronti per una crescita interiore.
- Questo laboratorio mi ha fatto riflettere sui miei ricordi lontani e piacevoli che avevo dimenticato ma con l’aiuto delle foto sono riaffiorati tanti momenti della mia vita … penso che la sua frequenza ti possa aiutare a capire chi, per una patologia, non possiede più la capacità di ricordare.
- Sicuramente è un corso diverso, che ti rende parte attiva e non un semplice partecipante. Consiglierei questo corso ai miei colleghi per migliorare l’approccio ad alcuni tipi di pazienti. Da sottolineare i momenti di condivisione di frammenti di vita con foto, senza nessun giudizio sono stati espressi sentimenti più o meno profondi. Abbiamo resi partecipi delle nostre sensazioni delle persone estranee proprio perché non sottoposti a giudizio, liberi di essere veramente noi stessi!! Altra cosa importante è il numero poco “cospicuo” di partecipanti che da più l’idea di gruppo!
- Questo laboratorio mi ha emozionata molto. Inizialmente ero scettica ma strada facendo ne ho apprezzato tutte le caratteristiche. L’impatto con il gruppo è stato di diffidenza e pregiudizio, che in breve si è trasformato in condivisione. Ho conosciuto dei colleghi estremamente diversi da come li immaginavo. Il lavoro svolto sempre in estrema libertà ha messo in evidenza le varie sfaccettature di ognuno di noi. E’ stato come veder uscire un diamante dall’acqua in tutto il suo splendore nascosto. Concetti impegnativi come: amicizia, dolore, fede, collera, competizione, mancanza di fiducia, amore, sono stati affrontati con garbo, delicatezza, con tranquillità proprio perché nessuno si è mai sentito giudicato …; penso che la sua frequenza ti possa aiutare a capire un po’ di più te stesso, cosa che diamo per scontata ma che scontata non è. Io sono stata costretta a pensare e sono riaffiorate inaspettatamente cose che credevo morte e sepolte. L’accettazione ha preso il posto della rabbia e del rancore, e quello che resta è un po’ di nostalgia. Dedico questo lavoro a me stessa perché grazie a questo laboratorio mi sono riappropriata della mia memoria. Un grazie ad Angela, Francesco e a tutti i miei compagni di viaggio!
- Questo laboratorio mi ha permesso di conoscere colleghi e di condividere con loro situazioni di vita molto private. Le condivisioni di momenti particolari è stato probabilmente il punto di partenza del corso. C’erano delle persone che partecipavano con il proprio vissuto, difficile da raccontare. Sono affiorati ricordi ormai sepolti. Ci siamo fatti guidare da persone competenti in un percorso inusuale, particolare e interessante. Ci rimarrà molto più delle “solite” dispense; ci rimarrà un album di ricordi fatto con le nostre mani i cui protagonisti siamo noi! Il RICORDO ne esce fuori rivalutato!! Un corso utile anche nei riguardi di persone che ricordi non hanno più! … penso che la sua frequenza ti possa dare:
- una conoscenza e un approccio diverso nei confronti di patologie particolari;
- attenzione per le vicende altrui;
- creatività:
- mettere in luce potenzialità nascoste.
- Questo laboratorio mi ha permesso di condividere alcune esperienze, anche non lavorative, di conoscere colleghi anche fuori dal contesto strettamente lavorativo. Mi ha insegnato molto su come accettare l’esperienza e il vissuto del mio prossimo senza giudicare, sia esso paziente collega o parente penso che la sua frequenza ti possa essere molto utile nell’approccio con paziente che presenta demenza e non solo.
I Fotocollage realizzati
Di seguito vengono riportati i Fotocollage realizzati dai partecipanti, in alcuni di essi è possibile leggere il testo di spiegazione realizzato sotto forma di petite-onze in alcuni casi e in forma completa in altri.
Fotocollage 1
Fotocollage 2
Fotocollage 3
Fotocollage 4
Conclusioni
A beneficiare del progetto sono stati in primo luogo i partecipanti che raggiungendo gli obiettivi programmati hanno acquisito ulteriori conoscenze per il loro agire professionale e a percorso finito hanno ottenuto un prodotto consistente nel proprio “nuovo album di famiglia” (composto da fotocollage e narrazioni realizzate nei laboratori in ricordo degli stessi).
Da sottolineare il fatto che alcuni partecipanti ci hanno voluto segnalare l’importanza che ha avuto per loro l’evento, in quanto coinvolti nell’ambiente familiare nella gestione di un paziente malato di Alzheimer, affermando e confermando l’acquisizione di nuove metodologie e conoscenze per approcciarsi in modo più pertinente ai loro cari.
I secondi fruitori, indiretti, del programma sono e saranno le persone che accedono alla Fondazione Policlinico di Tor Vergata affetti da patologie che determinano disabilità della memoria, che potranno giovare di professionisti ancora più sensibili a rispondere alle loro esigenze, che hanno vissuto in prima persona l’esperienza di recupero della memoria apprezzandone la reale importanza.
Durante la progettazione ci siamo interrogati su quali fossero i punti di forza di questa iniziativa e tutto il gruppo di lavoro si è trovato d’accordo sul fatto che l’acquisizione di nuove conoscenze, da parte del personale che offre assistenza alle persone affette da patologie che comportano la perdita della memoria, avrebbe permesso di approcciarsi in modo più pertinente e professionale ai pazienti, soprattutto perché suffragate da sperimentazioni empiriche da parte dei partecipanti.
Altro interrogativo posto erano i punti di debolezza del progetto; e sicuramente un ostacolo era rappresentato dal fatto che l’argomento trattato è considerato di minoritaria importanza da parte degli operatori troppo spesso oberati di lavoro e ridotti ai minimi termini e si era pertanto ipotizzato di riscontrare uno scarso interesse e partecipazione. In secondo luogo che la durata di quattro mesi del progetto avrebbe potuto dare luogo a degli abbandoni in itinere e un raggiungimento parziale degli obiettivi prefissati; in realtà una sola persona ha abbandonato il corso ma per cause indipendenti dallo stesso, del tutto personali. Anzi, più volte i partecipanti hanno espresso il desiderio di voler continuare il percorso con incontri successivi e a più voci hanno affermato di attendere con gioia l’arrivo dell’incontro successivo.
In virtù della bella esperienza vissuta, dei risultati molto incoraggianti, del fatto che alcuni operatori sanitari (che avevano chiesto di partecipare all’evento formativo) sono stati lasciati fuori per vincoli formativi e organizzativi, che il focus del progetto è stato il solo disorientamento temporale (ma che possa essere riproposto per il disorientamento spaziale, il woundering o la reazione aggressiva di questi pazienti), si pensa che l’esperienza debba essere ripetuta e che andrebbe esportato in altre realtà e su più ampia scala.
FRANCESCO ZAGHINI Diploma Universitario per Infermiere presso Università di Torvergata (Roma) nel 2002; Master in Management Infermieristico per le Funzioni di Coordinamento presso Università “La Sapienza” (Roma) nel 2007; Laureando Magistrale presso Università di Torvergata (Roma). Ha lavorato come Infermiere presso Policlinico Umberto I di Roma, Ospedale G.B. Grassi di Ostia-Roma,e presso il Policlinico di Torvergata (Roma)
Bibliografia
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Fondazione San Raffaele del Monte Tabor , Milano. (Modif.), 1998-2010.
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Lopez OL., The growing burden of Alzheimer’s disease, , 2011 Nov;17 Suppl 13:S339-45
Penzo A., Disturbi della memoria nell’Alzheimer.
Trisciuzzi L., Sandrucci B., Zappaterra T., Il recupero del sé attraverso l’autobiografia. Firenze University Press, SBN 88-8453-241-8, © 2005, Modif.