29 Gen Musica creativa e linguaggi sensoriali
La riproggettazione integrata
musica creativa e linguaggi sensoriali
per gruppi multiculturali nella scuola d’infanzia
Claudio Cominardi
La musica: un cantiere di culture
“Chi è in grado di cogliere la moltitudine delle voci, parlerà molte lingue”
Alberto Asor Rosa
Oggigiorno la musica entra in ogni argomento e livello della nostra vita sociale e si pone come veicolo culturale privilegiato di una complessa rete di linguaggi, la quale crea una costante e irrinunciabile presenza nella nostra modernità. Questo significa la convivenza, talvolta distratta e inconsapevole, con un sistema così complesso da scavalcare ormai tutti i parametri sociali, estetici e mediatici, prima di qualsiasi nostra catalogazione.
Nell’ambito giovanile, l’accezione più generalizzata della musica è soprattutto la sua molteplice capacità di creare relazioni, diventando uno dei più forti canali comunicativi dell’età evolutiva; in ogni sua fascia infatti, entra e influenza gran parte del patrimonio espressivo con cui si identificano le generazioni. E in un mondo d’oggi sempre più determinato dalla multiculturalità, il suo linguaggio, o meglio, i suoi linguaggi scaturiscono dalla simultanea convivenza fra diverse culture e tipi di identificazione sociale, acquisendo importanti valori di appartenenza, distinzione, confronto e scambio (ma purtroppo anche di una pericolosa omologazione, indotta da modelli e ragioni prettamente commerciali, la quale rischia di snaturare quel dinamismo che invece è la sua originaria risorsa). La musica ha infatti l’opportunità di viaggiare attraverso canali che anticipano i filtri culturali, creando luoghi di simultaneità e mediazione fra diversità su cui calibrare l’effettivo stato della nostra contemporaneità. Ciò permette di agire positivamente sulle problematiche della convivenza, le cui incomprensioni, discriminazioni e conflittualità sono spesso causate dalla mancanza di un efficace scambio di conoscenze e confronti. Il linguaggio musicale allora si presta come ottimo mediatore di integrazione, poiché è in grado di costruire interazioni e terreni di incontro per aprire, valorizzare ma soprattutto riprogettare modelli di conoscenza. Ovviamente non significa che la musica è lo strumento onnipotente per reinventare le culture, ma che la sua scommessa odierna, forse la sua nuova vera rivoluzione, sta proprio nel porsi come mediatore di una comunicazione che possa interagire sia fra le diversità, sia all’interno stesso dei loro modi di esprimere. Un vantaggio che contribuirebbe a tramutare tante povertà culturali in ricchezze, se per tali intendiamo la conoscenza, il dialogo e l’equilibrio delle diversità.
Suono, movimento, colore: la musicalità dei linguaggi espressivi
“La musica è tutto ciò che ascoltiamo con l’intenzione di ascoltare musica”
Luciano Berio
Oltre al potenziale culturale e interculturale, un interessantissimo aspetto del linguaggio musicale è la sua capacità di creare comunicazione fra diversi mediatori espressivi come l’immagine e il colore, il movimento e la corporeità, i supporti tecnologici, l’ambiente, potendo creare canali diretti fra mondi relazionali e sensoriali apparentemente distanti. I meccanismi che muovono una così affascinante interazione si celano nel profondo delle nostre percezioni e sono la sorgente delle nostre motivazioni comunicative. Con esse si costruisce quell’incontro con la musica che porta a tracciare importanti mappe sociali, molte delle quali ancora da scoprire.
La musica è innanzitutto una dimensione del tempo, strutturata come organizzazione in sequenza di eventi sonori; ma è anche una dimensione spaziale fatta di emozioni, luoghi, immaginazioni e memorie, la quale completa il nostro incontro dandoci senso e significato. Un incontro con cui produciamo risposte ed elaborazioni secondo processi spontanei che spesso, quando non sempre, diramano il linguaggio musicale verso altri tipi di espressività diversi dal suono, arricchendolo e completandolo. Facciamo un semplice esempio, pensando ai sensi che scaturiscono dalla differenza di ascolto fra un suono acuto e di un suono grave: il suono acuto generalmente rimanda a percezioni di colori chiari, sensazioni corporee di piccolo, spigoloso, freddo, movimenti veloci e ravvicinati. Al contrario, il suono grave è solitamente associato a colori scuri, a sensazioni di grande, tondeggiante, caldo, a movimenti lenti e allargati (associazioni che possono avvenire anche in senso inverso, ponendo il suono come risposta a differenti stimoli sensoriali). Questa capacità di tradurre uno stimolo da una modalità sensoriale ad un’altra per attribuirgli una forma di significato, si chiama sinestesia.
Fig 1 – M. 5 anni: “i suoni di tutti gli strumenti”
Si può dunque capire quanto il suono sia legato ad altre dimensioni percettivo/sensoriali, in particolare a due come il movimento e il colore, sulle quali si poggiano le basi del linguaggio non verbale (nel bambino infatti, il movimento è il principale canale sul quale si basa ogni tipo di esplorazione, conoscenza, comunicazione). Con ciò stabiliamo tre grandi pilastri che sostengono l’espressività umana, dai quali scaturiscono tutti i tipi di comunicazione: suono, movimento e colore, canali tanto arcaici quanto interattivi per ogni linguaggio a prescindere da ogni ulteriore sviluppo verbale, linguistico, culturale. Giungiamo allora ad un concetto di musicale che va ben oltre la musica in senso stretto e diventa comune fondamento di una molteplicità di linguaggi espressivi. Come privilegiato mediatore di espressività, il musicale diventa un ancor più privilegiato mediatore di diversità, laddove questi meccanismi universali della natura umana si evolvono nella molteplicità dei linguaggi sociali, delle etnie e delle storie umane, interagibili da un comune filo conduttore di sensi e significati.
Cercare oggigiorno una via di conoscenza sociale nel rapporto musicale fra sensorialità, espressività e intercultura, significa allora offrire nuove progettualità per l’integrazione soprattutto negli ambienti educativi, luoghi in cui il confronto fra culture deve essere più che mai contestualizzato e valutato in direzione di una sua valorizzazione.
Il colore del tempo, il suono dello spazio
“Il colore è il tasto. L’occhio il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde.
L’artista la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima.”
Wassilij Kandinskij
Quest’approccio riflette l’evoluzione che i linguaggi artistici del XX° Secolo hanno percorso integrandosi fra diversi mezzi espressivi, generando quelle rivoluzioni estetiche e comunicative che oggi sono la nostra quotidianità. Agli inizi del XX° Secolo, tra gli epigoni del Romanticismo e l’inizio dell’Espressionismo, iniziò la ricerca di valori comuni e forme organiche fra le varie arti quali musica, pittura, danza, che integrò diverse forme e linguaggi espressivi dando così inizio al pensiero contemporaneo e a quella rivoluzione di mediatori che porta oggi all’attuale comunicazione. Particolarmente significativi furono musicisti e pittori espressionisti dell’inizio del XX° secolo, i quali crearono i fondamenti dell’estetica contemporanea e furono grandi pionieri dell’integrazione dei linguaggi.
In particolare, Arnold Schönberg (1874 – 1951) seppe oltrepassare le regole dell’armonia tradizionale, abolendo la percezione del centro tonale di un’opera in favore dell’autonomia di ogni suo elemento sonoro, per trattare in assoluta parità i dodici gradi della scala tonale e liberare la dissonanza da ogni suo pregiudizio o vincolo. Egli trasformò l’evento musicale in pura dimensione psichica dove il suono vive in sé stesso e unisce diverse percezioni assumendo colori propri, definendo il concetto di POLICROMATICITÀ MUSICALE.
Parallelamente alla liberazione della dissonanza, Wassilij Kandinskij (1866 – 1944) liberò la forma e il colore dai loro vincoli naturalistici e descrittivi per aprirli ad un linguaggio astratto e del tutto onirico. Forme, colori e linee rappresentano semplicemente se stesse in un gioco di pura percezione ed espressività creativa, fondando la teoria del PRINCIPIO DELLA NECESSITÀ INTERIORE. Egli in questo modo seppe attribuire ad ogni colore e forma un corrispettivo sonoro, aprendo agli sviluppi di un rapporto organico fra pittura e musica.
Fig. 2 – Wassilij Kandisnskij – Red Spot -1921
Molto importante fu la ricerca di Paul Klee (1879-1940), il quale esplorò le dimensioni spaziali e temporali di questo rapporto fra pittura e musica, sapendo individuare nel movimento il loro elemento comune.
Fig.3 – Paul Klee – Fugue in Red – 1921
Il quadro “Fuga In Rosso” del 1921 descrive delle superfici astratte in un’evoluzione di movimento, forma e colore che investe sia una dimensione pittorica, in quanto espansione di uno spazio, sia una dimensione sonora in quanto divenire del tempo. Ma queste superfici pittoriche lasciano simultaneamente “vedere” il loro divenire temporale lasciando che i colori descrivano il suono, mentre fanno “sentire” la loro propagazione spaziale lasciando che il suono diventi colore. Quindi ciò che solitamente si intende nella pittura come arte dello spazio e nella musica come arte del tempo, viene qui invertito e le due dimensioni si trovano a condividere un medesimo movimento organico sviluppato su un comune terreno di incontro. “Fuga In Rosso” è quindi un perfetto esempio pittorico di partitura musicale dove il suono è rappresentato in entrambe le dimensioni, sulla quale Klee creò il concetto di POLIFONIA PITTORICA.
Lo spazio è l’espressione, il tempo è l’incontro: il processo creativo
“Il nostro atteggiamento estetico dovrebbe diventare
sempre più aperto a tutto ciò che può accadere…”
John Cage
Le esperienze di artisti come Shönberg, Kandinskij e Klee furono la base di partenza di quel processo di integrazione che porta all’era contemporanea dei media e apre a nuovi linguaggi che assumono sempre più connotazioni interculturali. Il suo sviluppo è ancora legato alle arti del ‘900, in particolare dal Dopoguerra in poi, dove il concetto di improvvisazione si inserì fortemente nei linguaggi musicali, pittorici e della danza, insieme alle nuove possibilità che la tecnologia stava portando, come l’elettronica, il video e altro ancora. Ciò è possibile nel momento in cui l’arte non è più considerata semplicemente prodotto, ma azione, perciò il suo linguaggio diventa un qualcosa di assolutamente dinamico che si crea nel momento stesso in cui si rappresenta, fondando la sua estetica nel processo creativo che la sviluppa.
Un artista fondamentale di questa nuova azione è Jackson Pollock (1912 – 1956) il quale, partendo dalla tela vuota e senza un tema precostituito, compone, grazie alla tecnica del dripping che utilizza sgocciolature e spruzzi di colore, un’opera di pura azione improvvisativa lasciando buona parte del suo sviluppo alla casualità, intesa sia come libertà espressiva fuori dalla logica razionale, sia come incontro di situazioni impreviste.
Fig.4 – Jackson Pollock – Convergence – 1952
La pittura di Pollock, chiamata action painting, condivide le medesime radici espressive e dinamiche della musica Jazz, la quale si compone sull’azione improvvisativa di musicisti che si incontrano e rappresentano il loro insieme nel momento stesso in cui lo producono. La tecnica del dripping non solo dialoga strettamente col Jazz, ma influenzò anche musicisti come Syd Barret (1941 – 2006), il quale trasformò il gesto di Pollock da colore a suono trasportandolo dalla tela alle corde chitarra elettrica sperimentando un dripping sonoro che aprì a nuove forme musicali. Egli fu anche un pioniere dell’improvvisazione del colore per mezzo della luce modellata da speciali proiettori auto-costruiti, coi quali inventò il “Light Show” influenzando tutta la scena del rock psichedelico inglese di fine anni ’60.
Ma la più radicale rivoluzione dell’opera musicale è quella del compositore John Cage (1919 – 1992), il quale ripensa la musica non più nel significato di una rappresentazione compiuta, ma nel senso del suo processo di creazione, libera quindi di svilupparsi nell’imprevedibilità di eventi che si manifestano nel preciso momento in cui accadono, lasciando che accadano.
Fig.5 – John Cage – Variations I – 1958 – partitura indeterminata
Cage rivede il concetto di durata di un’opera considerando il tempo musicale non più come un susseguirsi di eventi sonori finalizzati ad un risultato, ma come un’esperienza in cui ogni elemento che entra è in grado di variare e riprogettare il suo corso libero da qualsiasi obiettivo precostituito, rimettendo ogni volta in discussione il divenire dell’opera stessa. Egli annulla la temporalità dell’opera finalizzata al risultato, trasformandola in un eterno presente aperto a qualsiasi trasformazione, chiamato tempo zero.
Fig.6 – John Cage – fontana mix -1958 – partitura indeterminata
Il Tempo Zero sovverte perciò qualsiasi concetto di composizione e crea un terreno d’incontro che porta all’esplorazione di tutti i possibili linguaggi espressivi, mediante gli elementi comuni e universali con cui ciascun linguaggio sa dialogare. La durata dell’opera quindi non è più racchiusa nella sua metrica, ma aperta all’incontro dei suoi elementi, all’imprevedibilità delle loro contaminazioni e all’evoluzione espressiva che producono.
Il Tempo Zero di Cage è lo stesso terreno d’incontro su cui si sviluppano le superfici di Klee, o vibrano le forme-colore di Kandinskij; un incontro dove qualsiasi elemento espressivo può diventare musicale anche se non è propriamente sonoro, in quanto riconosciuto in una medesima condivisione di dimensioni spaziali e temporali. Questa è la definitiva apertura ai linguaggi extramusicali e alla loro integrazione in musica, laddove vengono condivisi gli elementi musicali di tutti i mediatori espressivi e diventano metafora della nostra contemporaneità, così soggetta alle variabili e le imprevedibilità della epoca attuale.
Il senso interculturale del Tempo Zero è proprio il saper mettere in comunicazione le diversità mediante gli elementi universali che le accomunano, lasciando che ogni identità possa esprimersi secondo le proprie caratteristiche e produrre azioni di conoscenza. Un concetto di integrazione che, visto in termini di confronto espressivo fra culture, è alternativo a qualsiasi modello di omologazione o prevaricazione in quanto permette esperienze di conoscenza e scambio di diversità con un linguaggio condiviso.
Riprogettare una conoscenza fra culture attraverso percorsi creativi su elementi primari quali suono, movimento e colore, significa allora poter creare azioni che equilibrano la nostra natura comunicativa con la contemporaneità del nostro vivere, come ricerca di un modello educativo che corrisponda ad un reale modello europeo di intercultura.
Dal processo creativo al processo interculturale:
LA RIPROGETTAZIONE INTEGRATA
“Mi è sempre più chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi:
l’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare”
Keith Haring
Realizzare questo pensiero nella società multietnica e multimediale per sfruttarlo come risorsa di integrazione, significa mettersi in gioco con una contemporaneità drammatica e veloce, piena di mutamenti tanto imprevisti quanto radicali. Se da una parte viviamo una società sempre più tecnologica e arbitraria, soggetta a modelli artificiosi e competitivi che hanno ormai alterato il naturale corso delle relazioni umane, dall’altra dobbiamo risolvere l’inserimento di culture prettamente tribali legate a tradizioni chiuse e totalmente estranee al modello democratico occidentale. I complessi problemi di disagio sociale, urbanizzazione e transculturazione che scuole e istituzioni educative di oggi devono affrontare in Europa, si pongono ormai come uno dei grandi temi sociali della nostra epoca.
Nella fascia dell’infanzia e dell’età evolutiva, la più delicata, vi è un forte aumento di stress, bullismo, differenze linguistiche, disturbi dell’attenzione e dell’apprendimento, a causa di un modello sociale che costringe a modifiche e tempi di adattamento troppo veloci per essere adeguatamente assimilati in tutte le loro implicazioni affettive, storiche e ambientali, ma anche sonore, visive, sensoriali e semantiche. Ecco allora che reintegrare un equilibrio che torni a condividere la naturale comunicatività dei bambini a prescindere dalle loro differenze, ci porta a riscoprire quell’espressività insita nel corpo e nel movimento, nel suono e nel colore, che diventa una fondamentale, quanto alternativa risorsa di armonizzazione. Esperienze basate sulla mediazione artistica di musica, pittura ed espressione corporea, si pongono oggi all’avanguardia di una nuova possibilità di scambio interculturale grazie alle enormi potenzialità che contengono.
Il contributo della musicoterapia è indispensabile: nei suoi fondamenti infatti c’è il senso di una comunicazione fondata sui principi più naturali e spontanei dell’espressività, mentre la sua principale peculiarità è la valorizzazione dello strumento musicale come mediatore per la costruzione di relazioni. Ma in questo caso lo strumento musicale non può più essere considerato il solo elemento centrale e privilegiato di una mediazione, come avviene nel setting di musicoterapia: deve uscire all’esterno e scendere in strada, contaminarsi, urbanizzarsi, estendersi ed aprirsi verso nuove e più complete vedute dell’estetica contemporanea e dei linguaggi sociali. Deve cioè “sporcarsi di quotidianità” e assumere un ruolo complementare, per sfruttare tutto il musicale che il colore, il corpo, il movimento, i materiali informali e quelli tecnologici sanno produrre, con la prospettiva di un’espansione che fuoriesca dal proprio nucleo centrale e si riprogetti nella sua periferia.
In questo modo il musicale può diventare un reale strumento di conoscenza e di riprogettazione integrata di quei linguaggi della comunicazione necessari per sviluppare nuove forme di relazione e integrazione sociale.
Da questa necessità di riprogettazione integrata è partito un progetto di ricerca che da alcuni anni sta coinvolgendo alcune scuole dell’infanzia, elementari e medie della provincia di Brescia (Italia), con significativa presenza di alunni immigrati (in prevalenza dall’Est europeo, Medio Oriente, Nord Africa e Africa Centrale), i quali presentano un ampio complesso di problematiche, le quali sono tutte riconducibili all’inserimento nella contemporaneità della cultura occidentale.
I principali obiettivi di questo progetto, chiamato Terreni d’Incontro, sono:
- l’integrazione relazionale di gruppo, come esperienza comunicativa di equilibrio fra personalità e culture, distendendo conflittualità e resistenze fra gli alunni;
- l’autonomia espressiva di ogni alunno, sperimentando nuovi linguaggi creativi per liberare inibizioni e accrescere il valore di autostima;
- l’innalzamento della conoscenza, per superare i pregiudizi sociali e aumentare l’equilibrio tra una migliore consapevolezza personale e l’apertura al diverso;
- l’esperienza di un linguaggio integrato, come contributo allo sviluppo armonico di sensopercettività e metacognizione, rivolto soprattutto alle scuole dell’infanzia.
La metodologia utilizzata nei suoi percorsi è l’improvvisazione creativa, un validissimo strumento che sviluppa la possibilità di cogliere gli aspetti del nostro esprimere relazionati a quelli del nostro vivere, qui compresi sotto i seguenti punti:
- processo di conoscenza: permette l’esplorazione, la sperimentazione dell’espressività con la quale si incontra l’altro e si costruiscono relazioni naturali e spontanee;
- sviluppo di tecniche e metodi: permette un processo dialogico che porta all’incremento di mediatori e sistemi comunicativi, generati dalla condivisione interna di coloro che interagiscono;
- mediazione di linguaggi: è lo scopo più importante dell’improvvisazione, poiché dal suo approccio scaturiscono tutti i potenziali relazionali coi quali crescere nuove identità condivise all’interno delle parti che le compongono;
- attività didattica complementare: offre le condizioni per osservare e valutare dinamiche e comportamenti da nuove e diverse angolazioni, con esperienze che spesso rivelano lati inediti o inesplorati delle personalità.
La strategia, focus della ricerca, consiste nella creazione, attraverso l’azione e la riprogettazione di linguaggi espressivi e analogici, di un PRE-LINGUAGGIO INTERCULTURALE con cui formare la base di partenza di una riprogettazione integrata di relazioni e culture.
Per pre-linguaggio interculturale si intende l’integrazione delle senso-percettività legate al suono, al movimento e al colore, utilizzate come veicolo espressivo da indirizzare verso una dimensione relazionale di integrazione fra diverse culture, in un terreno d’incontro che ne condivida gli aspetti comuni e che al tempo stesso favorisca la conoscenza delle differenze in un clima di equilibrio. La costruzione del pre-linguaggio interculturale si articola in due fasi principali, le quali seguono la naturalezza delle dinamiche espressive e relazionali dei bambini: la prima fase, pre-culturale, e la seconda, culturale. Ciascuna fase compie alcuni passaggi, di seguito riportati.
FASE PRE-CULTURALE:
- esplorazione: sperimentazione della diversità nel suono/movimento/colore, abbassamento delle inibizioni e apertura all’espressività dei linguaggi integrati;
- improvvisazione: esperienze di improvvisazione creativa di gruppo che conducono all’utilizzo relazionale delle esplorazioni;
- elaborazione integrativa: esperienze di estensione sinestesica dei linguaggi scaturiti dall’esplorazione e dall’improvvisazione, come conoscenza e pratica delle interazioni suono-movimento, movimento-colore e suono-colore.
FASE INTERCULTURALE:
Partitura relazionale: la strutturazione spazio/temporale, sotto forma di performance suono-movimento-colore, di tutti i linguaggi espressivi scaturiti e rappresentati durante le elaborazioni integrative. Si compie così la riprogettazione integrata di tutto il patrimonio culturale condiviso internamente dal gruppo in un nuovo terreno d’incontro fra identità.
LA FASE PRE-CULTURALE:
l’esplorazione
Con l’esplorazione inizia la stimolazione del processo creativo che porta all’integrazione dei linguaggi; qui si presentano tre tipi:
- l’esplorazione sonoro/ambientale
Per cominciare il processo creativo che porta alla comunicazione integrata, è bene stimolare il gruppo alla conoscenza di ciò che di sonoro e sensoriale gli si presenta intorno e spesso, quando non sempre, rimane trascurato nel nostro modo di sentire e ascoltare.
Il primo strumento musicale è l’ambiente stesso in cui i bambini giocano, apprendono e vivono la loro quotidiana esperienza di crescita.
Battere con le mani sul pavimento, sui muri, sui giochi e gli arredi, sentire le diversità dei materiali, le loro sonorità, giocare con le superfici a fare la pioggia, i cavalli, le scivolate, il mare, significa riscoprire nel proprio ambiente quotidiano nuovi significati e spazi da riprogettare.
L’esplorazione sonoro/ambientale è il primo passo verso l’apertura alle sinestesie e la comprensione dei linguaggi integrati.
- “Vivere la forma”
Una volta stimolato il gruppo alla curiosità e all’azione, si può passare alla sperimentazione del proprio corpo come forma primaria nello spazio e nel movimento.
Come si muove un bambino tutto rotondo? E se è quadrato, come cammina? Un bambino-triangolo corre lento o veloce? Come fa un bambino-cerchio a salire sul castello? E qual è il suono di un bambino-quadrato che va giù dallo scivolo?
Attraverso l’immedesimazione nelle forme primarie, i bambini non solo sperimentano sul loro corpo che movimento, suono e sensorialità si appartengono, ma provano anche a vivere forme e situazioni fisiche completamente diverse da loro, con le quali compiere le medesime azioni quotidiane: un’efficace metafora della diversità sperimentata direttamente su se stessi, per iniziare a crescerne la consapevolezza.
- L’esplorazione atipica dello strumento musicale
Un altro passo per conoscere la diversità attraverso il processo creativo è cominciare ad esplorare lo strumento musicale al di là delle sue caratteristiche più specifiche, cioè quelle per le quali è comunemente suonato.
Ad esempio, un tamburello non solo si suona col battente o la mano: si gratta, si rotola, si gira, si utilizza per fare costruzioni; una serie di glockenspiel messi in fila diventano una pista su cui far scorrere il battente in un’inedita corsa sonora; oppure scoprire che percuotere un tamburo con una corona di sonagli crea delle sonorità nuove per entrambi gli strumenti, e molto altro ancora.
Si scoprono cioè tutte le proprietà sonore, sensoriali, di movimento e persino cromatiche che uno strumento può celare, ben oltre le sue consuetudini.
In questo modo si apre il processo della sinestesia come integrazione dei linguaggi sensoriali legata al musicale.
La sinestesia gioca qui un importante ruolo di integrazione di diversità, poiché trasforma i suoi passaggi sensoriali in comunicazione tra differenti culture.
L’improvvisazione creativa
Dopo gli stimoli dell’esplorazione, si lavora sul senso relazionale delle loro aperture mediante l’improvvisazione creativa di gruppo, dove ciascun bambino mette in gioco la propria spontaneità. Essa si divide in tre tipi di attività:
- L’improvvisazione sonoro/musicale
Improvvisare in gruppo con piccoli strumenti musicali a percussione, scuotimento, sfregamento, elementi ambientali (muri, scivoli e cuscini etc. celano suoni sorprendenti), senza alcuna consegna preliminare, conduce il gruppo a sperimentare una comunicazione del tutto originale e non filtrata da modelli indotti (come accennato nei quattro punti dell’improvvisazione creativa). Inoltre, molto importante, permette di “fotografare” quelle dinamiche relazionali di gruppo che in un ambiente di libertà espressiva si rappresentano, metaforizzate spontaneamente nella proposta.
Un’attenta osservazione da parte delle figure in questi casi è indispensabile, poiché spesso emergono inediti e significativi comportamenti difficilmente rilevabili nel quotidiano.
- L’improvvisazione grafico/pittorica
Come la precedente improvvisazione, essa permette le medesime caratteristiche, con la sola differenza che qui cambia il mediatore. Infatti, non si lavora più con gli strumenti musicali, ma con grandi fogli i carta su cui liberamente si improvvisano colori, scarabocchi, traiettorie, spirali, miscugli e quanto di più libero e creativo si possa fare fuori da ogni estetica precostituita. Qui non conta fare un bel disegno da esporre a un qualsiasi giudizio; conta solo fare qualcosa che per il bambino sia significato, a prescindere da ogni seguente valutazione.
Un foglio riempito da improvvisazioni grafico/pittoriche, contiene sempre lo stesso tipo di dinamiche ed espressioni manifestato durante improvvisazioni sonoro/musicali: è come se vi fosse stata “scritta” la partitura delle libere musiche suonate in precedenza.
L’esperienza di linguaggio integrato comincia a formarsi, permettendo anche di calibrare il percorsi sulle eventuali problematiche che insorgono nel gruppo.
- L’improvvisazione motorio/ambientale
Improvvisare il proprio corpo nella spazialità e temporalità di un ambiente significa dare nuove interpretazioni al luogo e alle sue caratteristiche, rivedere le disposizioni degli elementi che lo compongono e saper riprogettare spazi, tempi e dimensioni secondo la creatività dei bambini.
Trasformare scivoli e panchine in immaginarie piscine e parchi giochi, tappeti e cubi in foreste o navi e altro ancora, libera il senso di spazialità e completa il processo creativo di esplorazione e riprogettazione del proprio contesto quotidiano.
L’elevata dinamica di questo approccio all’improvvisazione, fa elaborare velocemente nuovi tipi di interazione nel gruppo favorendo la condivisione interna di giochi, ruoli e drammatizzazioni che i bambini trasformano in linguaggio collettivo, creando estetiche perfettamente inerenti al loro mondo prima di qualsiasi induzione esterna.
La figura adulta in questo caso deve garantire l’armonizzazione del gruppo, neutralizzando il più possibile le conflittualità e favorendo opportunità di integrazione.
L’elaborazione integrativa
Si tratta dell’elaborazione sinestesica di tutte le esplorazioni e improvvisazioni creative, tramite particolari esperienze di spostamento dei mediatori analogici dal sonoro al motorio, dal motorio al pittorico e dal pittorico al sonoro, mediante gli elementi sensoriali in comune e i linguaggi scaturiti durante i precedenti percorsi. Queste esperienze di spostamento si calibrano sul rapporto fra i mediatori analogici e i parametri sonori di timbro, altezza, intensità e durata, qui spontaneamente vissuti secondo l’integrazione fra linguaggio musicale ed extramusicale.
- Il suono/movimento
Si vivono le proprietà del suono nel corpo e nell’ambiente, con interpretazioni e simbolizzazioni del suono attraverso il corpo e la sua proiezione nell’ambiente.
Ogni parametro sonoro è distinguibile e allo stesso tempo integrabile agli altri in infiniti modi: il timbro e l’intensità stanno principalmente nella drammatizzazione di ruoli ludici e nella personalità espressiva; l’altezza e la durata stanno nella spazialità del corpo e delle sue parti proiettate nell’ambiente.
- Il movimento/colore
Le proprietà cinetiche dell’improvvisazione grafico/pittorica da vivere e interpretare col corpo, tramite il rapporto fra segno e movimento, colore e corporeità.
Timbro, intensità e durata si integrano dinamiche dei segni e dei colori, mentre l’altezza riguarda le interpretazioni dei colori chiari e scuri in tutta la loro gamma.
- Il colore/suono
Si può svolgere sia come elaborazione sonoro/musicale del colore e del segno attraverso interpretazioni con strumenti e movimento, sia come elaborazione grafico/pittorica di suoni e relazioni musicali con disegni sonori.
Fig.17 “le maracas tutte verdi che fanno un suono tutto rosso”
Timbro, intensità e altezza si condividono nella forma/colore, mentre la durata corrisponde alle proprietà di movimento delle grafie.
L’approfondimento di queste esperienze mediante la drammatizzazione di ruoli, fantasie e nuovi giochi creati dai bambini stessi, fa vivere inedite costruzioni di linguaggi riconosciuti e condivisi dall’interno del gruppo, innati nel musicale di ogni bambino e integrati da più canali in armonia fra loro, i quali aprono volontariamente a nuove recettività culturali.
Fig.18 – K. 5 anni: “il suono del tamburo”
Si crea così un terreno d’incontro dove le diversità si assorbono in un nuovo patrimonio comunicativo e contribuiscono (inconsapevolmente per l’età) ad arricchire l’apertura, l’ascolto e la predisposizione al diverso agendo su un particolare pre-linguaggio con attitudini interculturali in grado di una base pre-culturale dell’intercultura.
Fig.19 – J. 5 anni: “il fffhhh del vento”
LA FASE INTERCULTURALE:
la partitura relazionale
Tutto il materiale vissuto ed emerso da queste esperienze coi suoi simboli, i gesti, i suoni e le loro condivisioni, costituisce ora il patrimonio comunicativo di una nuova identità di gruppo. Occorre perciò memorizzarlo, trascriverlo affinché possa essere “suonato” come la rappresentazione di un’esperienza collettiva di linguaggio integrato.
Si ricorre quindi alla creazione di un’apposita partitura musicale in grado di raccogliere e descrivere ogni esperienza, dove in qualità di “strumenti musicali” ci sono gli stessi bambini con le loro personalità e le espressioni formate dalla loro relazione.
Si tratta perciò di costruire una partitura che sarà completamente diversa dalla scrittura su pentagramma di note musicali intese come altezze, durate, ritmi e pause; essa infatti descriverà con appositi spazi creati da colori, simboli e grafie, il susseguire dei momenti espressivi, musicali ed extramusicali, maturati lungo il percorso. Questi spazi si susseguono orizzontalmente scorrendo fra azione e attesa, fra espressione e ascolto, come fosse un unico, immaginario rigo lungo il quale si manifesta l’intera condivisione del gruppo.
Per eseguire la partitura basterà, in un clima di silenzio come incontro, scorrere un bastone lungo la partitura dal suo principio fino alla fine: quando esso attraversa uno spazio, chi lo rappresenta attiverà la propria espressività per la sola durata del suo attraversamento, dopodiché torna in silenzio. Così per tutti, fino alla fine della partitura.
Inizierà allora una musica fatta di suoni, movimenti, colori e personalità che i bambini si sono costruiti da sé e dove ogni resistenza e pregiudizio sono stati abbattuti da un linguaggio condiviso al loro interno, in cui ognuno può ascoltarsi, appartenersi, parteciparsi in una comunicazione creata sui denominatori comuni di un’esperienza collettiva, percepita come terreno d’incontro fra personalità. (questa esperienza è tratta dal principio di Partitura Indeterminata creata da John Cage, la quale si struttura principalmente sulle durate degli eventi che si manifestano liberamente nel loro divenire). La partitura relazionale può essere molto semplice, così come può raggiungere elevate complessità, in base all’età e alle proprietà culturali di chi la costruisce, evolvendola praticamente all’infinto.
I gruppi di bambini che hanno sperimentato questi percorsi, hanno spontaneamente elaborato e sviluppato nuovi linguaggi condivisi al loro interno, riprogettando completamente un terreno d’incontro fra personalità che ha permesso a diverse culture di interagire con maggiore conoscenza e apertura, abbassando i pregiudizi e calibrandosi sull’attualità dei contesti sociali a cui appartengono.
Il risultato finale porta agli obiettivi di integrazione relazionale e di diminuzione dell’ansia, della competizione e delle situazioni conflittuali all’interno delle classi, oltre a sensibili miglioramenti dell’autostima e dell’autonomia espressiva di una più completa e aperta comunicazione intersoggettiva. Inoltre, ne risulta anche un sensibile miglioramento della qualità dei tempi attentivi e di apprendimento, grazie ad una canalizzazione più stabile e armonica dei vari mediatori di comunicazione.
I bambini immigrati, solitamente emarginati per problemi di lingua, cultura e pregiudizi indotti, oppure quelli che hanno problemi di insicurezza e di affermazione nel gruppo e tendono ad isolarsi, durante questo percorso trovano modo di riscoprire e riappropriarsi di un’identità più sicura e comunicativa, tanto personale e soggettiva quanto integrata in un linguaggio condiviso e riconosciuto. Allo stesso tempo, i bambini più “bulli”, prevaricanti e ansiosi, trovano il modo di condividere armonicamente uno spazio collettivo, in un tempo che lascia il tempo per tutti senza la necessità di lottare per sentirsi affermati. Si è così instaurato un clima di ascolto e apertura tale da permettere un reale equilibrio fra diversità, in cui i messaggi passano e si condividono in quell’unisono di differenze (tipicamente cageano) che la partitura relazionale sa offrire. La musica, anzi, il musicale quale nuovo incontro fra personalità, è penetrata al loro interno e ora viaggia in una condivisione di estetica e linguaggio che è solamente loro, tanto originale quanto condivisa e fortemente identificata nella loro più naturale rappresentazione integrata di gruppo.
I primi effetti del progetto sulla quotidianità dei bambini si sono notati nei loro momenti ludici e durante i giochi liberi:
- un sensibile innalzamento della creatività e dell’integrazione di gruppo a discapito di giochi o giocattoli stereotipati;
- un abbassamento dei pregiudizi verso bambini “diversi” e di prepotenze di bambini leaders;
- un aumento dell’affermazione di bambini solitamente fragili e inibiti.
Inoltre, alcune insegnanti hanno saputo far tesoro dell’esperienza dando una continuità ai loro programmi, acquisendo una nuova e più completa formazione sui linguaggi espressivi.
Percorsi di partitura relazionale sono stati svolti anche con pre-adolescenti, i quali hanno parlato di un’esperienza assolutamente nuova, che ha permesso di conoscere meglio se stessi e scoprire gli altri da angolazioni diverse con maggiore apertura e conoscenza, abbassando i pregiudizi e calibrandosi meglio sulla contemporaneità a cui si appartiene. Inoltre, parlano anche di inedite e stimolanti esperienze con le quali scoprirsi molto più “musicisti” o “pittori” di quel che pensavano, grazie al diverso modo di interagire col mediatore artistico che li rende più liberi e padroni della loro espressività.
Conclusioni
“Vorrei che i giovani fossero davvero in grado di poter scegliere cosa ascoltare, ma non gli è facilmente consentito. Come sarebbe bello invece se un ragazzo si liberasse di Mozart solo dopo averlo ascoltato…”
Salvatore Accardo
Quest’esperienza vuole contribuire alla progettualità di una futuribile musicoterapia interculturale che sappia contribuire all’integrazione sociale della nostra contemporaneità.
La complessità di linguaggi e di dinamiche sociali che si presentano oggigiorno, stravolgono ormai il concetto stesso di musicoterapia in un ruolo complementare e aperto di approcci, applicazioni, ma soprattutto integrazione di mediatori. I ruoli comunicativi della musica diventano sempre più sintesi di una moltitudine di altri linguaggi, nei quali l’elemento musicale permane comunque come strutturazione spazio/temporale, interattiva ad ogni altro elemento. Questa è la cultura della nostra contemporaneità, nonché quella dell’ultimo secolo passato.
Ecco allora il perché in questa ricerca ho considerato il musicale come un mezzo e non un fine, sviluppando un progetto di integrazione sociale che potrà in futuro ampliare i suoi significati finché sarà in grado di calibrarsi sui contesti che incontra, ed evolversi sulle stesse evoluzioni che società multiculturale e multimediale percorre.
Potrà essere questo uno dei tanti modi di intendere le musicoterapie del futuro?
Fig.24
Claudio Cominardi
Nato a Brescia dove vive e lavora, diplomato in musicoterapia, da alcuni anni è impegnato in ricerca e progetti per l’integrazione, l’intercultura e la prevenzione del disagio sociale presso scuole e servizi per minori, studiando nuove metodologie a mediazione musicale, grafico/pittorica e corporea.
Si occupa di musicoterapia per la riabilitazione e l’integrazione dell’handicap.
Formatore, conduce corsi e stages per insegnanti, educatori e operatori del sociale in vari enti e istituzioni.
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