ritrovare danza ritrovare se stessi

Ritrovare la propria danza per ritrovare se stessi e gli altri

Ritrovare la propria danza per ritrovare se stessi e gli altri

un percorso terapeutico di Danza Movimento Terapia con pazienti Alzheimer

 

La problematica dell’Alzheimer, malattia degenerativa che si evidenzia contemporaneamente nel corpo e nella mente, riguarda in particolare la memoria, il linguaggio e il movimento. Progressivamente il paziente perde la capacità di ricordare, di esprimersi verbalmente e di muoversi, con il rischio di una conseguente chiusura ed isolamento espresso con atteggiamenti di apatia o agitazione psicomotoria, aggressività, convincimenti deliranti.

L’atteggiamento motorio dei pazienti che più colpisce è descritto da passività, lentezza, gamma ristretta di movimenti, ripetitività e stereotipia; risalta soprattutto l’atteggiamento di attesa e di inibizione dell’azione spontanea.

I disturbi sensoriali che la malattia comporta (più conservato è il tatto) portano all’impoverimento motorio ma anche sociale, il mondo è vissuto come minaccioso; spesso si innescano problematiche psichiche (apatia, depressione, agitazione).

Proporre il movimento significa affrontare iniziali paure, resistenze, diffidenze sia da parte dei pazienti ma anche delle strutture che se ne occupano. Scarsi sono gli interventi, nelle realtà più avanzate la fisioterapia o la ginnastica sono l’unico tentativo di risposta ai bisogni fisici e motori dei pazienti.

Al convegno viene presentata l’esperienza di Danza Movimento Terapia (DMT), condotta al Centro Diurno “La Cornucopia” del Centro Alzheimer Fondazione Roma, con un video girato durante una seduta del gruppo dei lievi. Il video è un supporto alle tesi e delle riflessioni sulla DMT ed è testimonianza del percorso clinico sperimentato.

Con il laboratorio condotto nella realtà avanzata e recettiva del Centro Diurno si è cercato per la prima volta di verificare e valutare se e come la danza, per i suoi risvolti psico-terapeutici oltre che fisici, potesse essere una risposta più complessa ed esaustiva alle esigenze create dalla malattia. In particolare si è cercato di indagare sui se:

  • se sul versante corporeo l’approccio della dmt possa considerarsi un approccio funzionale anche nel caso delle malattie degenerative come ad esempio l’Alzheimer;
  • se per la memoria si possono sollecitare e recuperare memoria/e con la dmt e quali. Quale potenzialità possono rivestire la memoria propriocettiva (corpo) e la memoria cinestesica (movimento) per la memoria a breve, medio o lungo termine;
  • se alla socialità e creatività possa arrivare un contributo dal movimento e quale sia l’intervento più idoneo al loro recupero;
  • se per l’ansia e lo stress la dmt possa contribuire ad abbassare il livello migliorando così la qualità di vita dei pazienti e in che modo.

Nel corso dell’esperienza infine è emersa anche la problematica dei caregivers con una riflessione sul se e quale sostegno possa arrivare loro dalla dmt.

 

Per il corpo e il movimento l’intervento della DMT ha teso ad integrare le qualità di movimento, mancanti a causa della malattia, individuando nel contempo le risorse presenti. L’osservazione approfondita delle qualità del movimento, secondo la valutazione Laban e Kestenberg cui si è ispirata questa esperienza, ha permesso di cogliere tutta la complessità del movimento, facendo notare differenze individuali anche rilevanti, dovute sia alle caratteristiche innate della personalità che alle esperienze maturate in una lunga vita; qualità che la malattia nasconde ma non cancella. Sono perciò emerse le qualità indulgenti e, a sorpresa, quelle lottanti.

Per ogni qualità di movimento si possono quindi osservare le caratteristiche dovute alla malattia, quelle modalità che a volte mascherano quelle proprie della personalità di ciascun paziente, ad esempio:

  • Nel Flusso di Tensione (visibile nei movimenti orientati verso l’interno) prevale il flusso Tenuto con movimenti di restringimento, controllati e inibiti anche nell’espressione dei sentimenti; sintomo di controllo e di cautela, esprime stati di tensione ed è una risposta all’insicurezza, all’ansia e al senso di pericolo che allo stesso tempo può provocare. L’intensità del flusso di tensione prevalente è a bassa intensità (l’alta intensità si vede solo in relazione ad ansie e bisogni urgenti).
  • Per gli Effort (che sono evidenti nei movimenti orientati verso l’esterno) si distinguono:
  • Il Peso (che è la sensazione di sé e dell’intento) prevale il peso passivo sia nella modalità forte, con tutto il senso della gravità, che nella modalità leggera, senza il senso della gravità.
  • La Focalizzazione allo spazio (cioè l’attenzione alla relazione e le modalità di pensiero) prevale lo spazio indiretto-multifocale che in certi momenti comunica un senso di estraniazione; il diretto-unifocale è presente quando il paziente segue un pensiero fisso.
  • Il Tempo (che rappresenta l’attenzione interiore e decisione) appare in genere sostenuto-decelerato. In certi momenti però piccoli movimenti urgenti-accelerati rivelano improvvisi bisogni. Nel ritmo del linguaggio verbale si osserva una caratteristica analoga: le parole lente e frammentate a volte diventano veloci e ripetitive.
  • Il Flusso (che rivela la relazione e l’espressione di sentimenti ed emozioni) è generalmente molto controllato (per la paura di cadere dovuta a rigidità articolare, debolezza muscolare, difficoltà di equilibrio) l’atteggiamento apparentemente rilassato copre una sostanziale e importante tensione muscolare anche nella passività con movimenti controllati sia in forma globale che segmentaria.
  • Per la Kinesfera (che è lo spazio in cui si espandono i movimenti intorno a sé) pare che i movimenti siano circoscritti in una kinesfera vicina e rivelano la paura di sbilanciarsi, di perdere equilibrio, di farsi male.
  • Per le Connessioni (che esprimono sia il rapporto con se stessi che la relazione con gli altri) si evidenzia una carenza in tutte le connessioni a partire dalla respirazione, in cui prevalgono respiri corti, superficiali, veloci che rivelano paure, blocchi, ansie. Non è facile portare attenzione su questa connessione, perché la tendenza è ad effettuare respiri forzati, a rispondere con stereotipie respiratorie e si può ragionevolmente contare su tempi di concentrazione molto brevi; la mancanza di connessioni centro-periferia, testa-coda, sopra-sotto, conferisce quel carattere di scarsa vitalità nei movimenti

Nel corso dell’attività si osserva che il passaggio dalla passività all’attività è possibile, per la maggior parte dei pazienti, anche nel gruppo dei lievi moderati, e, anche se molto spesso si tratta di modificazioni temporanee, è possibile raggiungerle nel rispetto delle potenzialità e dei limiti dei singoli pazienti. Risulta consigliabile non rinunciare a “forzare” ma non troppo e con i tempi dovuti in un clima di fiducia e di atteggiamento non giudicante. Si può procedere verso il recupero di movimenti complessivamente di espansione e di rilassamento. Si possono sollecitare: il Peso attivo, sia in modalità forte che leggera; la Focalizzazione diretta richiamando l’attenzione e la motivazione con diverse strategie; il Tempo, alternando i ritmi, sapendo che accelerare tende ad agitare e decelerare asseconda una tendenza ma anche un bisogno. Si riesce ad ampliare la Kinesfera almeno fino alla dimensione media, sollecitando anche l’orientamento del gesto e la sua finalizzazione attraverso le variazioni di direzione, di livello, di piano; le Connessioni corporee andrebbero tutte stimolate a partire dal respiro.

 

Per esercitare la memoria, che è la funzione complessa legata alla capacità di immagazzinare e recuperare le informazioni acquisite attraverso i sensi, si può far leva sulle forme di memoria propriocettiva (del corpo) e cinestesica (del movimento) attivando tutti i registri sensoriali, oltre al propriocettivo-cinestesico anche il visivo, uditivo, tattile, tutti mobilitati per attivare la memoria a breve-medio-lungo termine. Questa particolare attenzione è dovuta al fatto che la memoria è la base dei processi mentali superiori che danno senso all’identità personale. Si cerca anche di “marcare memoria nuova” compiendo esperienze intense, basate sulla novità sensoriali, sull’arricchimento ambientale con nuovi oggetti, sul movimento corporeo volontario e sulle emozioni. La particolare attenzione alla memoria dei nuovi apprendimenti è data in quanto sollecita la plasticità dei neuroni; non si sottovaluta però la memoria episodica, quella relativa al proprio passato remoto e recente, perché sono le memorie più compromesse. Al contrario la memoria procedurale, che è più automatica, resiste più a lungo e per questo non sono particolarmente incentivati gli automatismi in essere. Poiché le emozioni sono la chiave di accesso e cassa di risonanza per la memoria di ogni persona, non va dimenticato che il corpo e il movimento sono un veicolo potente di emozione.

 

Per favorire la socialità e la relazione ci si basa su una metodologia che valorizzi le proposte di tutti e di ciascuno permettendo di vedere e provare i movimenti degli altri, osservare gli altri danzare e danzare insieme (rispecchiamento); aprirsi in una comunicazione interpersonale non giudicante; scambiare, con parole e gesti, le emozioni e i vissuti per arricchire la comunicazione interpersonale e incentivare il senso di appartenenza al gruppo.

 

Nel cercare di attivare la creatività si fa leva sulle connessioni tra immagini mentali e corpo, sull’espressione di sensazioni ed emozioni con il corpo e con le parole, sul richiamo dell’attenzione su un focus nuovo per evitare stereotipie perché “la varietà crea espansione e germogli nella rete neuronale”. (Bartorelli).

 

L’ansia e lo stress sono disturbi che connotano la malattia a causa delle difficoltà motorie e cognitive crescenti con l’avanzare della malattia, difficoltà che generano insicurezza e paura (come nel caso dell’equilibrio precario e del disorientamento spazio-temporale). Si può contribuire a ridurne il livello mettendo cura nel far sentire un po’ di sicurezza nei propri movimenti a partire dai movimenti fatti in postura seduta per poi svilupparli lentamente nello spazio fino alla postura eretta, magari con un sostegno per l’equilibrio (a volte basta un telo o un filo). Si può cercare di aumentare l’escursione articolare dei diversi segmenti corporei, anche attraverso l’uso delle immagini mentali e degli oggetti, per recuperare mobilità articolare. Si possono far sperimentare forme di movimento nuove o dimenticate e far scoprire forme di rilassamento corporeo, attraverso un respiro un po’ più profondo e una decontrazione muscolare, sapendo che il lavoro sul rilassamento globale e segmentario (facilitato dall’uso di immagini e agevolato da idonei brani musicali) è molto apprezzato dai pazienti e risponde ad una necessità. Infine è importante non trascurare la dimensione del divertimento e della leggerezza, che sembrano essere altamente idonei a stimolare calma e a ridurre i livelli di ansia e stress.

 

I caregivers sui quali ricadono le problematiche presentate dei malati Alzheimer dovrebbero essere a loro volta sostenuti per affrontare ansia e stress. L’assenza d’interesse, la passività, gli sbalzi d’umore, l’ansia, il non ricordare quanto appena fatto o detto, la ripetitività e il disorientamento dei pazienti, già nelle prime fasi della malattia possono mettere a dura prova chiunque li assista. Nelle fasi successive la recrudescenza di tutto questo può diventare destabilizzante. Il rischio “burn out” cui sono sottoposti i professionisti della cura riguarda diversi ambiti e tutte le figure, nessuna esclusa, compresi i famigliari.

Nell’esperienza di dmt al centro sono state coinvolte tutte le figure professionali; figure professionalmente preparate e umanamente disponibili. Si è potuto osservare una positiva ricaduta dell’attività su di loro, evidenziata da una maggiore leggerezza e testimoniata dalle loro riflessioni al termine dell’esperienza. Esprimersi attraverso il movimento permette al personale di rilassarsi, e a volte di divertirsi, pur mantenendo la presenza nel gruppo; osservare le risposte motorie dei pazienti e vedere una modalità di conduzione nuova, potendo apportare riflessioni e osservazioni, fa sì che l’ora di danza possa essere percepita come uno spazio costruttivo. Deduco che anche i famigliari dei pazienti Alzheimer potrebbero trarre sostegno da una attività espressivo terapeutica, forse ne beneficerebbe il rapporto con il paziente e di riflesso il paziente stesso.

 

 

CONCLUSIONI:

Se nella problematica delle malattie degenerative, come l’Alzheimer , il movimento e la comunicazione sono da considerarsi tra i fattori a rischio, allora l’arte del corpo è consigliabile perché, oltre al coinvolgimento fisico, coinvolge l’emotività, la creatività, la relazione con motivazioni concrete e chiare.

L’arte del corpo, in cui rientrano la Danza, la Musica e l’Arte; è l’arte che, coinvolgendo direttamente il corpo dei pazienti, e per questo può essere per loro motivante, può far emergere emozioni, stimolare l’espressione creativa e agevolare la consapevolezza e la relazione. Altrettanto può esserlo per i caregivers professionali o familiari.

Penso che l’arte del corpo può essere un modo efficace per aiutare l’anziano e il malato Alzheimer ad alleviare la sofferenza e ritardare la degenerazione e possa essere considerata un valido e significativo contributo nell’ambito delle terapie non farmacologiche.

 

Daniela Grazioli

 

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Daniela Grazioli
danielagrazioli50@gmail.com

Sono danza movimento terapeuta e supervisore diplomata ad Art Therapy Italiana e iscritta n.446 all’albo APID. Ho uno studio a Roma e ho esperienze terapeutiche con gruppi di pazienti Alzheimer, Borderline, DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare) e con gruppi per la formazione del personale di una Azienda Lombarda.