02 Apr “The Self Portrait Experience®” condotto da Cristina Nuñez – Una recensione
Recensione del Workshop tenutosi a Roma il 2-3-4 Marzo 2012
A cura di Silvia Adiutori
Abbiamo avuto il piacere di organizzare, per la prima volta a Roma, il workshop sul metodo dell’autoritratto fotografico elaborato dalla fotografa spagnola Cristina Nuñez. Il metodo è attualmente insegnato in workshop che si svolgono in molte parti dell’Europa (Finlandia, Germania, Spagna, Italia, ecc..), ed è stato applicato a detenuti, persone malate di cancro, adolescenti.
L’autoritratto fotografico è uno strumento che può essere molto utile per indagare parti del proprio sé che di solito rimangono nell’ombra, per analizzare ed esprimere emozioni, per acquisire maggiore consapevolezza di come si è, di come si è stati ma anche di come si potrebbe essere, seguendo un filo immaginario e narrativo che intreccia la fotografia sottoforma di autoscatto al proprio percorso personale, alle proprie risorse, alla propria storia di vita.
Il lavoro è iniziato venerdì 2 marzo, presso la libreria Rinascita, con la presentazione di Cristina Nuñez sia del metodo dell’autoritratto, sia della sua storia raccontata per immagini, usando fotografie autobiografiche che, come un filo rosso, hanno segnato un emozionante percorso personale ed artistico, confluito poi nella scelta specifica e professionale di utilizzare l’autoritratto fotografico per l’esplorazione e lo sviluppo di sé, o meglio del proprio Io superiore. Da questo primo incontro con il metodo, emergono, illustrati dalla Nuñez, alcuni dei punti fondamentali del lavoro con l’autoritratto, che vengono ampiamente approfonditi nel libro sul metodo “SOMEONE TO LOVE, The Self-Portrait Experience” (vedi bibliografia di riferimento riportata alla fine della recensione) : il concetto di epica e di epica della sofferenza, che viene proposto quasi come un bisogno fondamentale dell’essere umano e come un elemento che contraddistingue in particolare la nostra epoca: “Noi uomini e donne occidentali (anche se si sta estendendo all’intero pianeta) siamo, come l’eroe, più soli che mai, perché la comunità protettiva è a rischio d’estinzione ed ogni individuo è pienamente responsabile di ciò che fa della propria vita. Per questo non possiamo delegare la parte dell’eroe a nessun altro”. Attraverso il lavoro artistico di autoritratto è possibile recuperare la propria grandiosità, specchiata nella solennità dell’ immagine fotografica che esprime emozioni profonde e dolorose. Altro concetto fondamentale, che fa da perno a questo lavoro, è quello ripreso da A. Bond sul triplice ruolo dell’auto-ritrattista il quale è allo stesso tempo autore, soggetto e spettatore di se stesso. La Nuñez approfondisce così questo aspetto: “A mio avviso ciascuno dei tre ruoli fa un’affermazione: l’autore dice –sto creando, sono io il creatore; il soggetto dice –questo sono io, e vado bene così; e lo spettatore dice – mi sto guardando, e posso vedermi. La dinamica di rapporti fra i tre ruoli che acquistiamo nell’autoritratto instaura anche un dialogo con lo spettatore. Da lì nasce la potenza comunicativa dell’autoritratto”.
Ad introdurre l’artista e a presentare il lavoro sulla fotografia, è stato Oliviero Rossi, psicoterapeuta, direttore della Rivista Nuove Artiterapie e direttore del Master “Video, Fotografia,Teatro e Mediazione artistica nella relazione d’aiuto”, che si svolge a Roma presso la facoltà di filosofia dell’Università Pontificia Antonianum. La scelta di proporre un workshop legato all’esperienza con la fotografia, è in linea con l’ampio utilizzo che nella relazione d’aiuto facciamo dell’immagine fotografica. Nella metodologia di lavoro sulle immagini, ampiamente illustrata negli incontri formativi del Master, l’ottica che si abbraccia è quella di utilizzare le fotografie, sia personali e quindi autobiografiche che non, come ponti per connettersi all’immaginario, ai ricordi, alla narrazione di storie passate o alla creazione di storie inventate, attraverso un “ascolto particolare” che passa per il dato percettivo e arriva al vissuto emotivo. La fotografia è quindi utilizzata come “evocatrice di narrazione” (Rossi O., in Lo sguardo e l’azione, pg.51), e “ricostruire una storia diviene dunque un costruire insieme un tratto di vita, rimodellare parti di sé, delle rappresentazioni della propria identità e del proprio contesto sociale” (pg.50). La fotografia ospita quindi, nella sua istantaneità, un percorso narrativo ben più ampio, che parte dal particolare fotografico ma che si connette poi più ampiamente alla vita della persona che con la foto sta lavorando. Ancora Rossi, che sottolinea proprio questo interessante aspetto tra fissità dell’immagine e fissità del comportamento: “La fotografia è metafora del congelamento dei dinamismi. Nella sua fissità può rendere esplicito ciò che c’è di rigido in un comportamento” (pg.52). Ecco quindi che, il lavoro con le immagini fotografiche sviluppato attraverso il percorso della narrazione creativa, così come è elaborato nella metodologia di base proposta da Rossi, viene a configurarsi come un valido e prezioso ambito che ha come obiettivo quello di facilitare la persona nell’assunzione di responsabilità e aiutarla ad esplorare possibilità diverse, ad uscire dalla fissità del proprio copione di vita e ad intravedere nuovi percorsi narrativi .
Sabato e Domenica si è svolto il workshop vero e proprio: ai partecipanti sono state proposte sessioni individuali di autoritratto nello studio fotografico allestito nella sede, e lavori di gruppo finalizzati alla lettura estetica delle immagini prodotte, secondo specifici criteri elaborati e messi a punto dalla conduttrice del workshop, con invenzione di una storia finale dal sapore epico. Nelle sessioni individuali, la persona viene lasciata sola nello studio fotografico con la consegna di esprimere alcune emozioni e di scattarsi una serie di autoscatti. Le immagini scattate vengono poi viste, in uno spazio individuale, insieme alla Nuñez, che guida la persona alla lettura di essa per scegliere l’“opera”, cioè la fotografia che risponde maggiormente ai criteri proposti, quella che si rivela più densa di contrasti, quella che svela parti del sé inedite. Mentre i partecipanti aspettano il loro turno per la sessione di autoscatto individuale, lavorano in gruppo analizzando una serie di autoritratti forniti dalla conduttrice, allenandosi ad applicare i criteri per la lettura e l’analisi dell’immagine che nel metodo vengono utilizzati per guardare alla fotografia come ad un’opera complessa, densa di elementi temporali, figurativi ed espressivi. Questo aspetto riguarda una sorta di educazione allo sguardo estetico, e le fotografie, protagoniste assolute del lavoro, vengono sviscerate in ogni loro aspetto. La stessa Cristina Nuñez precisa nel suo libro: “Il confronto con l’obiettivo fotografico (…) è un’esperienza singolare, un fecondo dialogo non verbale che il soggetto intrattiene con se stesso”. E ancora, per meglio rendere la potenzialità dell’immagine frutto dell’autoritratto: “Lo sguardo cerca il contatto con quel buco nero e lo scruta per esprimere, nell’opera risultante, la propria visione di sé, o per mostrare l’altro da sé. Scatto dopo scatto vivo attraverso le mie diverse personalità, cercando qualcosa che ancora non so di me stesso.”
Nella giornata di domenica, Cristina Nuñez propone ai partecipanti di lavorare in piccoli gruppi su una serie di fotografie, di opere scattate il giorno prima, che riguardano i compagni di corso. Non si lavora direttamente sulle proprie fotografie. Su ogni gruppo di fotografie, i partecipanti di nuovo applicano il metodo dei criteri, in più hanno il compito di inventare una storia. Nel pomeriggio di domenica torniamo a lavorare tutti insieme: gli autoritratti vengono proiettati affinchè siano visibili a tutto il gruppo. Per ogni autoritratto vengono illustrati gli aspetti focali rilevati dal gruppo che ha lavorato su quella foto, con discussione generale e scambio di punti di vista con tutto il gruppo. Alla fine il gruppo racconta la storia, che coinvolge le persone/personaggi delle fotografie … alcune di queste storie si rivelano veramente molto suggestive ed evocative, sono molto utili per dare alla fotografia un vissuto non quotidiano, grandioso, che dà rilievo all’epica rintracciabile in ogni vita. A momenti, anche con grande stupore dei diretti interessati!
… Ci salutiamo, e dopo questo lavoro, io ho una strana, piacevole sensazione di familiarità e ammirazione per i volti e per le persone del gruppo. Mi sembrano tutti veramente poetici ed eccezionali nella loro unicità, proprio per la loro unicità!
Un caro ringraziamento a tutti coloro che hanno partecipato a questa avventura, grazie per la generosità e la fiducia con cui vi siete affidati in questo viaggio.
Per vedere alcuni lavori fotografici, frutto del lavoro del workshop, andate sul seguente link di Flickr:
http://www.flickr.com/photos/nuoveartiterapie/sets/72157629306937592/
Bibliografia
– Cristina Nuñez, SOMEONE TO LOVE, The Self-Portrait Experience, ed.The Private Space Books, Barcellona
– Oliviero Rossi, Lo sguardo e l’azione Edizioni Universitarie Romane, 2009
– Silvia Adiutori, Il metodo The Self Portait Experience® di Cristina Nuñez, articolo pubblicato sulla rivista Nuove Artiterapie, n. 15/2011 anno IV°